di Maria Elena Ribezzo

Città del Vaticano, 5 ago. (LaPresse) – Nessuna scomunica per le nuove unioni dopo il fallimento del matrimonio sacramentale. E’ con questo appello, lanciato oggi durante la sua 100esima Udienza Generale alla comunità cristiana, che Papa Francesco dà seguito a una riflessione sulla famiglia che porta avanti da circa venti udienze. Il messaggio è stato pronunciato con forza, in preparazione al Sinodo d’autunno, davanti a 7mila fedeli nell’Aula Paolo VI in Vaticano.

La Chiesa sa bene che la situazione dei divorziati risposati “contraddice il sacramento cristiano”, ha detto il Pontefice, però il suo “sguardo di maestra” attinge allo “sguardo di madre”, e meglio: attinge “da un cuore che, animato dallo Spirito Santo, cerca sempre il bene e la salvezza delle persone“. Da qui il dovere, per amore della verità, di saper distinguere le situazioni, distinguere tra chi provoca e chi subisce il fallimento del matrimonio. “Così si esprimeva san Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica Familiaris consortio”, ha osservato Papa Bergoglio, che ha invitato a non trascurare i figli dei divorziati, quei bambini che più di tutti sentono il peso di queste situazioni. E’ proprio con gli occhi dei più piccoli che “vediamo di più l’urgenza di sviluppare un’accoglienza reale verso le persone che vivono queste realtà. Per questo è importante che la comunità sia attenta alle situazioni”.

In questi decenni, ha osservato, la Chiesa non è stata “né insensibile né pigra”, al contrario: “Grazie all’approfondimento compiuto dai Pastori, guidato e confermato dai miei predecessori, è molto cresciuta la consapevolezza che un’accoglienza fraterna e attenta dei divorziati risposati è necessaria. In effetti, queste persone non sono affatto scomunicate, non sono scomunicate! – ha ribadito tra gli applausi dei fedeli – e non vanno assolutamente trattate come tali: fanno sempre parte della Chiesa”.

E’ importante che lo stile della comunità, il suo linguaggio, i suoi atteggiamenti, siano sempre “attenti alle persone, a partire dai piccoli”. Del resto, chiede, “come potremmo raccomandare a questi genitori di fare di tutto per educare i figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e praticata, se li tenessimo a distanza dalla vita della comunità, come se fossero scomunicati?”.

Anche Benedetto XVI, ha detto ancora Francesco, è intervenuto sulla questione, “sollecitando un attento discernimento e un sapiente accompagnamento pastorale, sapendo che non esistono ‘semplici ricette'”.

La missione affidata alle famiglie cristiane quindi è quella di prendersi cura delle famiglie ferite, “accompagnandole nella vita di fede della comunità”, e ha spiegato come l’icona biblica del Buon Pastore riassuma la missione che Gesù ha ricevuto dal Padre: quella di dare la vita per le pecore. “Tale atteggiamento è un modello anche per la Chiesa, che accoglie i suoi figli come una madre che dona la sua vita per loro”.

“La Chiesa – ha concluso – è chiamata a essere sempre la casa aperta del Padre. Niente porte chiuse. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità. La Chiesa è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”.

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