Di Benedetta Dalla Rovere

Milano, 15 gen. (LaPresse) – Anche a Milano la crisi morde sempre di più e a mettersi in fila davanti ai cancelli di Pane Quotidiano in viale Toscana ci sono, accanto a molti cittadini stranieri, sempre più italiani. Questa la fotografia che Luigi Rossi, vicepresidente dell’associazione nata nel 1898 con l’obiettivo di assicurare ogni giorno gratuitamente da mangiare alle fasce più deboli della popolazione, fa a LaPresse.

Negli ultimi tempi è aumentato il numero di persone che si rivolge a voi?

Noi abbiamo visto un aumento sensibile dei nostri ospiti già dal 2003 – 2004. Negli ultimi 10 o 11 anni abbiamo registrato ogni anno aumenti a due cifre. Fino al 2002 gli ospiti erano circa 1200 al giorno, mentre oggi siamo ad una media di circa 3000 – 3500 presenze durante la settimana con punte di 4000 il sabato mattina. Se si tiene conto che la distribuzione degli alimenti avviene solo dalle 9 alle 11, i numeri siano impressionanti.

Chi si rivolge a voi?

Tra la popolazione degli ospiti di Pane Quotidiano fino alla fine degli anni Novanta c’era una netta prevalenza di extracomunitari. Negli ultimi 7 o 8 anni la loro incidenza è di nuovo diminuita perché sono aumentati i cittadini italiani. Tra loro la maggior parte sono persone anziane.

Ci sono anche padri separati, persone che hanno perso il lavoro?

Il nostro motto è “Fratello, sorella qui nessuno ti domanderà chi sei, nè perché hai bisogno, nè quali sono le tue opinioni”. Non volendo prevaricare la dignità di chi viene da noi, non facciamo statistiche, non conosciamo l’effettiva necessità di coloro che si mettono in coda nè il loro status.

Come si regge la fondazione Pane Quotidiano?

L’associazione Pane Quotidiano si regge autofinanziandosi. Non abbiamo aiuti da istituzioni pubbliche. Siamo un’associazione laica e senza alcuna matrice partitica. Cerchiamo anche di tenere molto contenuti i costi di gestione: abbiamo solo tre dipendenti e tutto il resto del personale è volontario. Riceviamo anche donazioni e oblazioni dalla popolazione e dalla cittadinanza milanese. A volte abbiamo aiuti anche da parte da aziende.

E gli alimenti che distribuite da dove arrivano?

Tutti gli alimenti che noi distribuiamo non li acquistiamo. Se lo facessimo avremmo resistito 117 ore, non 117 anni come abbiamo fatto. Le donazioni ci vengono fatte direttamente dalle aziende produttrici. Non distribuiamo prodotti freschi come carne e pesce, ma prodotti confezionati a media e lunga conservazione. La nostra razione alimentare consiste in circa 350-400 grammi di pane, un litro di latte, due yogurt, salumi confezionati, formaggi confezionati, frutta, verdura e dolciumi confezionati.

Sono diminuite le donazioni con la crisi?

Sono diminuite sensibilmente, come sono diminuiti anche gli alimenti. Prima le aziende avevano delle eccedenze che erano abbastanza importanti. Adesso, proprio a causa della crisi, fanno molta attenzione alla produzione e anche le eccedenze calano.

Il Comune di Milano dice che i soldi per il welfare diminuiscono sempre di più ed è sempre più necessario l’intervento di associazioni come la vostra, ma anche per voi le risorse calano. Con questo scenario quali sono le prospettive per il futuro?

Noi cerchiamo di andare avanti e fare il possibile. Certamente ci stiamo reggendo e stiamo tenendo botta a quelle che sono le nuove povertà con molta fatica. Speriamo che il problema si possa assestare e nel futuro un po’ più prossimo diminuire perché non riusciremmo a reggere aumenti a due cifre tutti gli anni.

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