Roma, 18 ott. (LaPresse) – “Quello di oggi è un giorno speciale che deve diventare un giorno normale”. Con queste parole, non nascondendo una certa emozione, Ignazio Marino accoglie in Campidoglio le sedici coppie omosessuali che si accingono a veder trascritto nei registri civili del Comune di Roma l’atto del proprio matrimonio, celebrato all’estero. Tra di loro c’è chi si è sposato in Canada, chi in Germania, chi negli Usa, o a Barcellona come Marilena e Laura, la prima coppia che – tra gli applausi di tutti – mostra con gioia a fotografi e cameraman, tenendo in braccio i tre figli, la firma del primo cittadino della Capitale sul documento ufficiale.

Domenico e Jef si sono sposati invece nella periferia di Anversa. “Quello che è successo oggi per noi è una speranza – spiegano – affinché si faccia la legge che aspettiamo da anni, una legge giusta. E’ una presa di posizione per chiamare le coscienze e se il prefetto annullerà l’atto faremo ricorso”. Francescopaolo e Luca hanno portato con loro anche Lara, la loro bambina di tre anni. Si sono sposati in Canada e lì è possibile la surrogazione di maternità. “Non abbiamo piu tempo da perdere, Lara non ha più tempo da perdere – si affannano a ripetere -, Lara ha due papà. La legge non lo riconosce ma lei ha la necessità di avere due papà come nella realtà e sul certificato di nascita canadese”.

Sono tante le coppie a celebrare questo giorno speciale insieme ai figli. C’è chi sorride e si concede ai flash trasformando, per la gioia di fotografi, l’atto di matrimonio in un cannocchiale, e c’è chi si annoia, chiede ai genitori quando finirà la cerimonia e, in cambio di un po’ di pazienza, ottiene la possibilità di giocare con l’iPhone di papà. Alla scrivania del sindaco, penna alla mano, si alternano anche anche una coppia composta da un uomo e un transessuale, quella di due amici che vengono a ritirare l’atto di chi, vivendo a New York, non è potuto venire di persona, due sposi vestiti uguali con gessato scuro e rosa rossa al bavero della giacca. La formula è quasi sempre la stessa: firma e foto di rito con il sindaco. Pochi i baci, i più preferiscono alzare i pugni al cielo in segno di vittoria o incrociare le dita nella speranza che la giornata di oggi non venga vanificata da una circolare del prefetto.

Alla fine della cerimonia Marino invita le sedici coppie, cinque composte da donne e undici da uomini, a fare una foto di gruppo: “Questo momento è importante per la città di Roma ed è importante anche per me – aggiunge prima di dedicare ai novelli ‘sposi’ una poesia di Pablo Neruda -, perché per me è fondamentale che un sindaco si ponga a difesa dei diritti di tutti”. Nessuna “sfida”, “né atti di disobbedienza civile”, assicura il primo cittadino della Capitale. Piuttosto – “semplicemente” – il tentativo “di agganciare l’Europa” dal momento che “l’Italia è rimasta drammaticamente indietro”, bloccata da “un fossato invalicabile tra società civile e alcuni politici che vivono nel passato”. Il sindaco si dichiara pronto ad affrontare le conseguenze: “Se il prefetto annulla la trascrizione farò quello che indica legge. Chiederò i pareri legali per comprendere la legittimità di un eventuale annullamento. Io faccio il mio lavoro e oggi ho difeso i diritti dei cittadini. Il prefetto ha tutto il diritto a opporsi a queste dichiarazioni d’amore, aspettiamo suoi atti. E’ giusto che segua le indicazioni che ha dal suo ministro, io difenderò la mia posizione”.

La reazione del prefetto non si fa attendere a lungo. “Appresa la notizia dell’avvenuta trascrizione dei 16 matrimoni tra coppie gay da parte del sindaco di Roma Ignazio Marino – si legge in una nota -, ha comunicato che inviterà immediatamente il sindaco alla cancellazione di tali trascrizioni. Ove non dovesse procedervi provvederà all’annullamento delle stesse secondo le prescrizioni di legge”.

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