Bologna, 18 set. (LaPresse) – Ha 33 anni, è di origine napoletana e vive a San Benedetto Val di Sambro l’operatrice socio-sanitaria arrestata in esecuzione di un’ordinanza del gip di Bologna Francesca Zavaglia e ora ai domiciliari con l’accusa di aver pesantemente maltrattato ultraottantenni malati e non autosufficienti in una casa di riposo di Castiglone dei Pepoli, nel bolognese. M.M., cui due giorni fa è stata notificata la misura dal Nas di Bologna che ha effettuato le indagini col coordinamento del pm Beatrice Ronchi, quando ha ricevuto l’ordinanza è scoppiata in lacrime. L’inchiesta riguarda gli anni dal 2010 al 2013, ed è nata dalla denuncia di una collega dell’arrestata ai carabinieri della locale stazione. Ne sono scaturiti mesi di indagini, fatti di testimonianze degli altri lavoratori della struttura socio assistenziale e di diverse ispezioni dei carabinieri del nucleo antisofisticazioni di Bologna. La donna, che è sposata e ha figli, avrebbe abusato del suo ruolo accanendosi in particolare su 5 ospiti (uno dei quali è nel frattempo deceduto) della casa di riposo, tra gli 80 e i 92 anni, ma anche su altri. Aveva ricevuto un disciplinare la struttura, ma secondo le colleghe avrebbe proseguito nel su atteggiamento violento.

Secondo il gip avrebbe, per esempio, schiaffeggiato e strattonato una 84enne, pestandole i piedi e tirandole i capelli, e più volte ingiuriato un ottantenne gravemente malato. E ancora, abitualmente si sarebbe rivolta a una paziente non autosufficiente con l’epiteto “vecchia schifosa, devi morire”. Gli anziani che le erano affidati sono affetti da patologie invalidanti come Alzheimer e Parkinson, e nella maggior parte dei casi non erano in grado di reagire; uno di loro era stato temporaneamente trasferito a Castiglione dei Pepoli da una struttura colpita dal sisma. Il giudice, accogliendo la richiesta del pm, ha dunque ravvisato nell’indagata “una sistematica modalità di rapportarsi agli ospiti anziani e indifesi violenta, minacciosa, ingiuriosa”, non fatti sporadici ma “l’espressione di una condotta di sopraffazione e vessazione generata dall’indole violenta e dalla carenza dei requisiti di idoneità allo svolgimento” dell’assistenza ad anziani e disabili. Di qui la misura cautelare, determinata dalla probabilità dell’intimidazione a colleghe, dalla “pericolosità sociale” e dalla “incapacità di reprimere i propri impulsi aggressivi e vessatori. Nei confronti della donna le accuse sono di maltrattamenti continuati e aggravati dalla crudeltà, dall’abuso della prestazione d’opera, dall’età delle vittime.

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