Di Elena Fois

Palermo, 15 giu. (LaPresse) – “Con il mio equipaggio e la mia nave, fino a pochi mesi fa eravamo impegnati nella campagna ‘Sistema paese in movimento’ nell’ambito del quale abbiamo compiuto il periplo dell’Africa per portare aiuti umanitari alle popolazioni meno fortunate. Lì abbiamo visto con i nostri occhi le condizioni di questi Paesi, nei quali il futuro non è garantito” e per questo “siamo lieti di continuare” ad aiutare i migranti. Martino Baldari, comandante della nave Etna della marina militare(impegnata insieme ad altre unità navali nell’operazione Mare Nostrum), racconta così a LaPresse che cosa significa lavorare ogni giorno a stretto contatto con chi lascia la propria terra alla ricerca della speranza.

E’ lui il capitano di vascello che questa mattina ha portato nel porto di Palermo 767 migranti salvati negli ultimi giorni nel Mediterraneo, compresi i 39 sopravvissuti nel naufragio avvenuto venerdì a 40 miglia a nord dalla Libia. Sulla nave Etna c’erano anche 10 salme, “probabilmente tutti adulti – dice Baldari – ma il condizionale è d’obbligo perché un uomo (ora ricoverato a Palermo a causa di gravi ustioni chimiche, ndr) ci ha raccontato di aver perso la moglie e il figlio piccolo”.

Le condizioni di salute dei sopravvissuti non sono gravi, ma tutti “sono molto provati. Il viaggio – racconta il comandante della nave – spesso dura mesi e inizia con lunghe traversate nel deserto. Molti migranti sono giovani perché le famiglie d’origine fanno un investimento su di loro”. Raggiungere l’Europa significa, infatti, “garantire un futuro” non soltanto alle loro famiglie, ma anche ai Paesi d’origine, nei quali potrebbero tornare portando in dote risorse economiche. “Sappiamo quali sono le loro condizioni – dice Baldari – e per questo siamo contenti di continuare” con l’operazione Mare Nostrum.

A bordo della nave Etna lavorano 145 persone tra membri dell’equipaggio, volontari della fondazione Francesca Rava e personale sanitario dell’Ordine di Malta, che si occupano di fornire assistenza medica e supporto psicologico ai migranti. Baldari lavora con ragazzi giovani, alcuni dei quali hanno appena 18 anni. “Sono preparato ad affrontare situazioni difficili – racconta a LaPresse – ma è impossibile rimanere insensibili in queste situazioni. Spesso i membri del mio equipaggio sono provati, ma il gruppo è unito e pronto a seguire le indicazioni del loro superiore. E’ un gioco di squadra che ci permette di andare avanti”.

Anche le condizioni di lavoro dello stesso equipaggio non sono facili. L’unità della marina militare è progettata per avere a bordo 200-300 persone, ma spesso trasporta migliaia di migranti per più giorni. Nave Etna, infatti, ha un ruolo logistico nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum: quando si rende necessario il salvataggio di gruppi di migranti nel Mediterraneo, questi vengono prima trasbordati sulle altre unità impegnate nell’operazione e poi imbarcati sulla nave per raggiungere la destinazione. In questo modo, racconta il comandante, “le altre navi possono restare” a presidiare la zona. Una volta in porto è necessaria un’accurata operazione di pulizia e sanificazione prima di ripartire “per cercare di salvare altre vite umane”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata

Tag: