Roma, 1 giu. (LaPresse) – E’ il compleanno della pizza Margherita, che a giugno compie 125 anni. Lo rende noto la Coldiretti, che ricorda che nella Margherita i condimenti, pomodoro, mozzarella e basilico, rappresentano la bandiera italiana e ricorda com’è nato il celebre piatto. Una lettera del capo dei servizi di tavola dei Savoia, Camillo Galli, documenta che nel giugno del 1889 convocava il cuoco Raffaele Esposito della pizzeria Brandi al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, perché preparasse per la Regina Margherita le sue famose pizze. Oggi il 39 per cento degli italiani, secondo un sondaggio sul sito di Coldiretti, ritiene che la pizza sia il simbolo culinario dell’Italia. Secondo un sondaggio on line della Società Dante Alighierie è inoltre la parola italiana più conosciuta all’estero, con l’8 per cento, seguita dal cappuccino (7 per cento), dagli spaghetti (7 per cento) e dall’espresso (6 per cento). Sulla pizza, sottolinea la Coldiretti, le prime attestazioni scritte risalgono al lontano 997, anche se con ricetta completamente diversa per la mancanza del pomodoro, importato nelle Americhe solo successivamente. La margherita è ora di gran lunga la preferita nel mondo, dove i maggiori ‘mangiatori’ sono diventati gli Stati Uniti, che fanno registrare il record mondiale dei consumi con una media di 13 chili per persona all’anno, quasi il doppio di quella degli italian che si collocano al secondo posto con una media di 7,6 chili a testa.

FATTURATO DA 10 MILIARDI. Negli Usa, secondo Coldiretti, il business della pizza vale 40 miliardi di dollari, con il 93 per cento degli americani che la consuma almeno una volta al mese e una media di 350 ‘slice’, le tradizionali fette, al secondo. In Italia si stima che la pizza generi invece un fatturato di 10 miliardi di euro, con oltre 250mila addetti e 50mila pizzerie. Una leggera battuta di arresto in Italia si è avuta negli anni della crisi, nonostante la pizza rimanga tutto sommato un prodotto conveniente. Secondo l’indagine Coldiretti/Ixè il 25 per cento dei consumatori oggi ha rinunciato del tutto ad andare in pizzeria, mentre il 40 per cento ha ridotto le presenze rispetto a prima della crisi. Solo il 22 per cento continua ad andare con la stessa frequenza e l’1 per cento ci va addirittura di più.

RISCHIO USO PRODOTTI NON ORIGINALI. La tendenza al risparmio ha colpito anche l’originalità degli ingredienti, tanto che secondo uno studio della Coldiretti quasi due pizze su tre servite in Italia sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti dall’estero, senza alcuna indicazione per i consumatori. Sempre più spesso nelle pizzerie viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, dell’est Europa, pomodoro cinese o americano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell’extravergine e farina francese, tedesca o ucraina. In Italia sono stati importati nel 2013, calcola Coldiretti, ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro, dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina, e 3,6 miliardi di chili di grano tenero, con una tendenza all’aumento del 20 per cento nei primi due mesi del 2014. Non mancano tuttavia le iniziative per garantire l’autenticità, come quelle dell’Associazione verace pizza napoletana, che ha elaborato un disciplinare esportato anche all’estero. Negli Stati Uniti il mese scorso il Wall Street Journal ha messo nella home page del proprio sito la storia di un pizzaiolo statunitense, Justin Piazza, che per la prima volta ha deciso di produrre in Usa con successo nel rispetto del disciplinare a Phoenix in Arizona.

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