Milano, 8 apr. (LaPresse) – Questa mattina, a quasi 7 anni di distanza dalla morte di Chiara Poggi, uccisa nella sua villetta di Garlasco il 13 agosto 2007, il caso è tornato in aula. A Milano si è aperto davanti alla Corte d’Assise e d’Appello un nuovo processo di secondo grado dopo che il 18 aprile scorso la Corte di Cassazione aveva annullato il primo processo d’appello. Alberto Stasi, accusato dell’omicidio della fidanzata, era stato assolto sia in primo che in secondo grado, ma per gli ermellini il secondo verdetto, emesso il 6 dicembre 2012, mancava di “coerenza”.
La difesa di Stasi, ha spiegato l’avvocato Fabio Giarda, proseguirà la propria esposizione nella prossima udienza, fissata per il 16 aprile per terminare di spiegare perché si oppone alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. In particolare, nell’udienza di oggi gli avvocati di Stasi hanno chiesto più tempo per esaminare una serie di atti depositati dal pg Laura Barbaini. L’avvocato Fabio Giarda ha poi spiegato che non ritiene probabile che Stasi, seduto in aula in prima fila a prendere appunti, faccia dichiarazioni spontanee. Quanto alla bicicletta di Alberto, la cui analisi costituisce uno dei punti controversi del processo, l’avvocato Giarda ha spiegato che si trova ancora nella disponibilità della famiglia Stasi, anche se non di Alberto o del padre, deceduto lo scorso dicembre.
“Oggi, dopo 7 anni, è il giorno della verità”. Lo ha detto Rita Poggi, mamma di Chiara uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco, entrando in Tribunale a Milano .Come ho sempre detto – ha aggiunto – non cerco un colpevole ma il colpevole”. Rita Poggi non crede che Alberto Stasi, che è arrivato in aula molto prima del processo ed è entrato subito in aula senza parlare con i giornalisti, dica tutta la verità perché, spiega, “è scritto anche nelle carte processuali”. Oggi i genitori di Chiara incroceranno di nuovo lo sguardo con lui in aula. “Sono emozionata”, si limita a dire la mamma della ragazza. “Oggi è una giornata difficile”, l’unico commento del papà Giuseppe.
Secondo la Suprema Corte, la frantumazione metodologica seguita nell’esaminare i pochi indizi contro il principale e unico imputato, in particolare la sua impronta sul dispenser del sapone nella casa del delitto e il Dna di Chiara su almeno uno dei pedali della bici usata dal fidanzato, non consente di arrivare “con ragionevolezza” a una pronuncia di innocenza o colpevolezza. Bisogna ricominciare tutto d’accapo, dunque.
Stasi, che si è sempre proclamato innocente e che nel frattempo è stato assolto in via definitiva dall’accusa di pedo pornografia, questa mattina tornerà per la quarta volta davanti ai giudici. Accanto a lui non ci sarà più il padre Nicola, stroncato a fine dicembre da una malattia fulminante, ma ci sarà solo la madre Elisabetta. Dall’altra parte dell’aula, ancora una volta, Giuseppe e Rita Poggi, i genitori della vittima, che non credono all’innocenza dell’ex fidanzato della figlia, che dopo la laurea in Bocconi lavora nello studio di un commercialista milanese.
Questa volta a giudicare l’ex studente ormai trentenne saranno i giudici ‘togati’ Barbara Bellerio ed Enrico Scarlini, affiancati da 6 giurati popolari. La terza corte d’Assise e d’Appello dovrà innazitutto decidere, nel corso del dibattimento, a porte chiuse perché l’imputato ha scelto il rito abbreviato, se acquisire nuove prove e effettuare nuove analisi, come indicato dalla Cassazione, oppure giudicare il caso in base alle prove raccolte in primo grado davanti al gup di Vigevano Stefano Vitelli.
Potrebbero quindi tornare sotto la lente dei giudici il percorso che Alberto ha detto di aver fatto il giorno dell’omicidio per arrivare fino al corpo Chiara riverso sulle scale che portano alla cantina della villetta di via Pascoli, senza però sporcarsi le scarpe con il sangue della ragazza.
Nel corso del primo esame non era stata presa in considerazione la zona vicina alle scale e i primi due gradini. Tra le nuove prove che potrebbero essere acquisite, anche l’esame per individuare il Dna mitocondriale del capello castano (o del materiale pilifero) trovato nella mano sinistra della vittima e quello del materiale trovato sotto le unghie della ragazza.
La bicicletta nera da donna tenuta in negozio dal padre di Stasi potrà essere fatta vedere nuovamente alle due testimoni che hanno già escluso che si trattasse della bici che avevano notato in via Pascoli la mattina del delitto. Potrebbe anche essere accolta l’istanza per sentire nuovi testimoni tra coloro che hanno partecipato alle indagini e tra le persone vicine a Chiara e Alberto.
Accertamenti che, per la famiglia di Chiara e per il loro legale, l’avvocato Gianluigi Tizzoni, potrebbero portare a identificare finalmente l’assasino della ragazza. Per i difensori di Stasi, il professor Angelo Giarda e l’avvocato Giuseppe Colli, invece, si tratta di approfondimenti non necessari perché già effettuati nel corso del processo di primo grado.
Se i giudici della terza Corte d’Assise e d’Appello decideranno di svolgere questa integrazione probatoria, i tempi del processo rischiano di allungarsi. La Corte dovrebbe nominare nuovi periti e le nuove indagini richiederebbero almeno un paio di mesi. In caso contrario il nuovo verdetto potrebbe arrivare in tempi brevi.
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