Città del Vaticano, 20 mar. (LaPresse)- “Di fronte all’attuale sviluppo dell’economia e al travaglio che attraversa l’attività lavorativa, occorre riaffermare che il lavoro è una realtà essenziale per la società, per le famiglie e per i singoli”. Così Papa Fracesco si è rivolto oggi, in udienza privata, ai dirigenti e agli operai delle Acciaierie di Terni. “Il lavoro, infatti, – ha detto – riguarda direttamente la persona, la sua vita, la sua libertà e la sua felicità. Il valore primario del lavoro è il bene della persona umana, perché la realizza come tale, con le sue attitudini e le sue capacità intellettive, creative e manuali. Da qui deriva che il lavoro non ha soltanto una finalità economica e di profitto, ma soprattutto una finalità che interessa l’uomo e la sua dignità. E se manca il lavoro questa dignità viene ferita”.
“Che cosa possiamo dire di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei?”, si è chiesto Bergoglio. “È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro! Pertanto, i diversi soggetti politici, sociali ed economici sono chiamati a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà, per assicurare a tutti la possibilità di svolgere un’attività lavorativa dignitosa”.
“L’uomo che confida in se stesso, nelle proprie ricchezze o nelle ideologie è destinato all’infelicità”, ha aggiunto. Il papa ha anche sottolineato che “chi confida nel Signore, invece, dà frutti anche nel tempo della siccità. Soltanto nel Signore è la nostra sicura fiducia. Altre fiducie non servono, non ci salvano, non ci danno vita, non ci danno gioia”. “Soltanto nel Signore – ha affermato ancora – è la nostra sicura fiducia: altre fiducie non servono, non ci salvano, non ci danno vita, non ci danno gioia”. Però, aggiunge, “anche se lo sappiamo, ci piace confidare in noi stessi o in quella persona, quella situazione, quell’ideologia. Tutti noi -osserva Francesco – abbiamo questa fragilità, questa debolezza di mettere le nostre speranze in noi stessi o nelle possibilità umane soltanto e dimenticarci del Signore”.
“Chi è disoccupato o sottoccupato – ha riflettuto – rischia di essere posto ai margini della società, di diventare una vittima dell’esclusione sociale. Tante volte capita che le persone senza lavoro – penso soprattutto ai tanti giovani oggi disoccupati – scivolano nello scoraggiamento cronico o peggio nell’apatia”. “Il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti – ja concluso – La fase di grave difficoltà e di disoccupazione richiede di essere affrontata con gli strumenti della creatività e della solidarietà. La creatività di imprenditori e artigiani coraggiosi, che guardano al futuro con fiducia e speranza. E la solidarietà fra tutte le componenti della società, che rinunciano a qualcosa, adottano uno stile di vita più sobrio, per aiutare quanti si trovano in una condizione di necessità”.
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