Città del Vaticano, 19 set. (LaPresse)- Parla di gay, divorziati e donne che hanno abortito Papa Francesco nella sua prima intervista al quindicinale dei gesuiti, prorio l’ordine cui appartiene Bergoglio, ‘La Civiltà Cattolica’. “Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. E’ inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto”, dice il Santo padre nell’intervista. Dal Papa dichiarazioni dirompenti su temi delicati: “Non possiamo – afferma insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione”.

Il Santo Padre in particolare sulla questione degli omosessuali dice: “Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione”. “Bisogna accompagnare con misericordia”, ha detto il Pontefice, su coppie gay e divorziati.

Trenta pagine, tanto è lunga l’intervista che papa Francesco ha rilasciato a ‘Civiltà cattolica’. Jorge Mario Bergoglio traccia un identikit inedito di se stesso, che include anche le preferenze artistiche e culturali; primo Papa gesuita della storia spiega l’idea che ha della Compagnia di Gesù; analizza il ruolo della Chiesa oggi e indica le priorità dell’azione pastorale; affronta le domande che la società e l’antropologia contemporanea pongono all’annuncio del Vangelo. Il pontefice rilegge la sua storia di gesuita, anche riguardo ad alcuni momenti difficili: “Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni mi ha portato ad avere seri problemi e a essere accusato di essere ultraconservatore”. Un’esperienza difficile che oggi mette a frutto: ricordando il suo ministero episcopale in Argentina, dice di aver capito quanto sia importante “la consultazione”: “I Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali”. Quanto ai dicasteri romani sottolinea: “Sono mediatori, non gestori”.

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