Vercelli, 11 ago. (LaPresse) – “Una persona sportiva, solare che amava gli sport invernali e la montagna”. Così Moreno Solesio, responsabile del Soccorso alpino della Valsesia, descrive Roberto Carmagnola, l’alpinista di 44 anni di Borgosesia che ha perso la vita insieme a un amico durante la scalata alla punta Dufour sulla cresta del Rey, la più alta del massiccio del monte Rosa in territorio svizzero. L’uomo era da anni uno dei 150 operatori volontari della VIII delegazione del Soccorso alpino della Valsesia-Valsessera (Vercelli). L’incidente, in cui sono morti i due alpinisti italiani, è capitato fra la tarda mattinata e il primo pomeriggio di sabato, ma la notizia è arrivata in Italia un giorno dopo.
Ancora da ricostruire la dinamica del fatto. “In montagna l’incidente può capitare sia allo scalatore esperto sia allo sprovveduto. Molte sono le variabili: può cadere un appiglio o la roccia può essere scivolosa”, spiega Solesio che aggiunge: “Dalle prime testimonianze sembra che le condizioni meteo fossero buone”. “La scalata della punta Dufour (4634 mt) però è molto lunga, si parte prestissimo e può durare anche dieci ore”. “I due però – conclude il responsabile del Soccorso alpino – erano abituati a questo tipo di scalate”.
“Lo conoscevo personalmente”. E’ scosso Moreno Solesio per la morte del “compagno” e “amico” del Soccorso alpino. “I corpi sono ancora in Svizzera – aggiunge – Ora i nostri volontari sono impegnati ad aiutare la famiglia nella compilazione delle pratiche necessarie per far rientrare le salme. Poi ci saranno i funerali”. Roberto Carmagnola lascia i genitori e una sorella.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata