Roma, 18 mar. (LaPresse) – La Farnesina ha confermato il rapimento dei due italiani in India da parte di un gruppo maoista: si tratta di Paolo Bosusco e Claudio Colangelo. La Farnesina riferisce che un portavoce, “è in stretto contatto con i familiari, che ha informato non appena avuta la notizia e tiene aggiornati costantemente sugli sviluppi”. L’unità di crisi è in contatto fin dai primi momenti con il console generale a Calcutta, che a sua volta è in comunicazione costante con la polizia locale.
Conferma del rapimento arriva anche dal capo della polizia dello stato indiano dell’Orissa, Manmohan Praharaj, che spiega che la polizia ha informazioni sul fatto che a condurre l’operazione siano stati ribelli maoisti nel distretto di Kandamal. Praharaj non ha però reso noti altri dettagli. La notizia era stata data ieri per prima dalla televisione Ndtv. Le forze di sicurezza locali, aggiunge Anil Kumar Behera, ufficiale di polizia di Kandamal, stanno indagando.
Bosusco, assieme a un socio indiano, ha aperto nel 2001 l’agenzia Orissa Adventurous Trekking, come risulta dal sito internet dell’attività. Da 12 anni l’italiano dunque vive e ha rapporti con la popolazione locale a Puri città costiera dello stato dell’Orissa. Colangelo è invece un turista. Secondo quanto riferisce l’emittente indiana Ndtv, gli uomini sono stati rapiti mentre stavano scattando fotografie a donne locali che stavano facendo il bagno in un fiume.
I maoisti, spiega l’emittente indiana Ndtv, chiedono al governo di discutere su un documento con 13 rivendicazioni proposto al governo, tra cui il rilascio dei prigionieri politici e il blocco dell’operazione Green Hunt. Quest’ultima è stata lanciata dal governo indiano contro la resistenza delle popolazioni tribali che si oppongono all’esproprio delle terre destinate allo sfruttamento minerario e industriale. L’operazione coinvolge diversi stati indiani, tra cui proprio quello di Orissa, dove sarebbe avvenuto il rapimento. Ispirandosi al leader della rivoluzione cinese Mao Tse-tung, i ribelli da oltre quattro decenni combattono in diversi stati indiani per chiedere terre e lavoro per contadini e per la fasce più povere della popolazione. Negli ultimi anni, a causa del conflitto interno, hanno perso la vita circa 2mila persone, tra poliziotti, militanti e civili.
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