Torino, 21 dic. (LaPresse) – E’ rimasto oltre 48 ore sul tetto della mensa del Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Torino, in corso Brunelleschi. Protagonista dell’iniziativa di protesta Adil, un marocchino che si trova nella struttura da una ventina di giorni. Si è rifugiato sul tetto lunedì, intorno alle 15, quando gli hanno annunciato che il suo aereo sarebbe partito in giornata e che erano venuti a prenderlo. A raccontare la sua storia è uno straniero recluso nel Cie con lui, che preferisce non rivelare il proprio nome. “Adil vive in Italia da molti anni – racconta – con lui qui ci sono la madre, il padre, che sono in pensione, e tre fratelli, uno di loro ha anche la cittadinanza italiana. Tutto è iniziato quando Adil è andato a rinnovare il permesso. Gli hanno detto: ‘Guarda che te lo abbiamo bloccato’. Poi ha scoperto che era perchè una volta era stato fermato con sei grammi di fumo ad uso personale alla fermata del pullman. Lo hanno portato nel Cie e adesso lo vogliono espellere. Ma lui lavora da tre anni per un’azienda, deve prendere almeno la liquidazione, sono quattromila euro. Poi ha un conto in banca con qualche migliaio di euro, ed è proprietario di casa. Ha un appartamento in centro a Perugia. In Marocco non ha nessuno, come fa ad andarsene così? Per questo è salito sul tetto”. Stasera dopo varie trattative con le forze dell’ordine, è sceso dal tetto. La squadra che avrebbe dovuto portarlo via si era già ritirata, probabilmente era troppo tardi per imbarcarlo sul volo previsto. Gli hanno annunciato che lo rimpatrieranno venerdì. Il suo compagno denuncia condizioni difficili per i reclusi della struttura, le stesse che raccontano sistematicamente gli stranieri che hanno modo di comunicare con l’esterno: “Qui siamo senza riscaldamento, mancano le coperte, manca l’assistenza sanitaria. Se stai male nessuno ti ascolta. Dicono – aggiunge – che costiamo 70 euro a testa allo Stato. Ma com’è possibile, dove finiscono questi soldi?”.

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