Torino, 5 lug. (LaPresse) – Rischio di reiterazione dei reati e pericolo di fuga. Sono le motivazioni per cui oggi pomeriggio il pm Emanuele Pedrotta del tribunale di Torino durante l’udienza di convalida ha chiesto al gip che i quattro arrestati No Tav durante gli scontri di domenica scorsa a Chiomonte restino in carcere. Si tratta di Marta Bifani, 32 anni di Mezzani (Parma), Salvatore Soru, 31 anni di Maranello, Roberto Nadalini, 32 anni di Modena e Gialuca Ferrari, 33 anni di Marghera. Il giudice si è riservato di decidere domani in mattinata.

Gianluca Ferrari, veneto di 33 anni, antagonista dell’area dei disobbedienti, “ha ribadito di essersi trovato domenica in mezzo a un lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine vicino alla rete dietro al museo archeologico”, nella zona dei boschi del Ramats. Lo spiega il suo avvocato Giuseppe Romano, che precisa: “Lui si è difeso rilanciando indietro i pezzi di fumogeni che gli erano arrivati addosso”. “Non è vero che ha precedenti penali – aggiunge il legale – solo una multa presa dieci anni fa. Ha si qualche denuncia ma sono casi chiusi”.

Anche Marta Bifani, del centro sociale Fuoriluogo di Bologna, conferma l’avvocato Martina Bianchi, “ha negato ogni addebito”. “E comunque lei – ha ribadito – è tutta bendata e fasciata. Qualcosa deve esserle successo”. Sia Salvatore Soru, metalmeccanico di Sassuolo, che Roberto Nadalini, facchino di Modena, “hanno spiegato oggi di essere stati gasati dai lacrimogeni” racconta l’avvocato Claudio Novaro. “Anche loro hanno segni di lesioni sul corpo che andranno chiarite. Noi abbiamo presentato una memoria scritta e attendiamo la decisione di domani”. Secondo la ricostruzione del pm invece, i quattro hanno attaccato per primi la recinzione del cantiere e le forze dell’ordine, procurando loro lesioni in modo assolutamente consapevole.

Ma la Digos vuole andare oltre i 4 arresti finora eseguiti. Si lavora per identificare i ‘black bloc’ che hanno attaccato domenica scorsa per oltre sei ore le recinzioni dell’area di scavo e le forze dell’ordine lanciando pietre, molotov e taniche di ammoniaca. Queste ultime, ha spiegato il capo della Digos Giuseppe Petronzi, “sono una novità, pericolose perché in grado di penetrare le maschere e gli strumenti di protezione dei poliziotti”. L’obiettivo è puntato su circa 300 persone. Al vaglio numerosissimi filmati e fotografie. La polizia ha sequestrato chili di indumenti scuri, caschi, maschere antigas e centinaia di armi artigianali e non. Molotov costruite con bottiglie vuote di birra, bulloni a grappolo potenziati con petardi, estintori, mazze di ferro, roncole, sassi avvolti da stracci e fil di ferro pronti da incendiare. E ancora mortai, fatti con bastoni e in cima petardi, fionde a lunga gittata, scudi costruiti con legno e fogliame per mimetizzarsi nei boschi. Anche un mefisto collegato con il gas degli accendini. La questura ha smentito le accuse dei No Tav che hanno detto di aver visto sparare proiettili di gomma da parte delle forze dell’ordine. “Non li abbiamo in dotazione”. Gli oggetti visti lanciare, hanno spiegato, sono lacrimogeni. “Abbiamo solo usato materiale in dotazione e in maniera propria” hanno ribadito dalla Digos. “La polizia sta facendo bene il suo lavoro – ha rassicurato Petronzi – andrà a finire bene”. “Noi siamo stati comunque – ha precisato – oggetto di un’aggressione estremamente violenta e organizzata. Solo con dati rigorosamente oggettivi ci presenteremo all’autorità giudiziaria”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata