SPECIALE 2021 – Covid: da Delta e Omicron fino al record dei casi

L'anno dell'Italia che lotta con il virus

 Da Delta a Omicron, dall’inizio della campagna vaccinale alle dosi di richiamo, da Domenico Arcuri al generale Francesco Paolo Figliuolo, da una curva in discesa dopo il picco di novembre al record di sempre di casi di questi giorni, ma con ospedalizzazioni e decessi limitati, passando per un’estate piuttosto spensierata e l’introduzione del Green pass. E’ la fotografia del 2021 dell’Italia alle prese con il covid.

 A gennaio ‘l’uomo nero’ si chiamava variante Delta. Lo spauracchio che in Europa colpì per prima l’Inghilterra per poi approdare anche Oltremanica costringendo l’allora governo Conte a varare la zona rossa nazionale per le festività. I casi viaggiavano attorno ai 20mila ma i decessi erano superiori a 450 e gli ospedali arrancavano con 23mila ricoverati con sintomi, 2.500 malati in terapia intensiva e oltre 500mila persone in isolamento domiciliare. L’Italia tutta attendeva lo ‘sprint’ della campagna vaccinale dopo l’inizio a singhiozzo e, a stretto giro con il passaggio di consegne a Palazzo Chigi fra Giuseppe Conte e Mario Draghi, arrivava quello alla guida della struttura commissariale fra Domenico Arcuri e Francesco Paolo Figliuolo. Dalle ‘primule’ pensate e mai nate allo “sfruttiamo quello che abbiamo” in piena filosofia militare del generale con la nascita degli hub vaccinali sparsi ovunque nel Paese, dai palazzetti dello sport ai centri congressi.

 Nel frattempo la curva epidemiologica arrestava la sua discesa verso metà febbraio per tornare nuovamente sopra ai 20 mila casi nella seconda parte di marzo. Il 17 aprile Mario Draghi in una conferenza stampa annunciava una serie di riaperture. Attività all’aperto, ristorazione a pranzo e cena e le scuole tutte in presenza, almeno nelle zone gialle e arancioni. La teoria del “rischio ragionato” veniva criticata da molti esperti ma l’andamento dei contagi nei mesi successivi dava piena ragione al premier. I casi crollavano fino a sotto quota 1000 a fine giugno e gli ospedali tornavano ‘liberi’. A luglio partiva una piccola onda che toccava il suo picco poco sopra gli 8mila casi fra fine agosto e inizio settembre prima della normale apprensione per l’arrivo dell’autunno prima e dell’inverno poi.

 A giugno nasceva il Green pass, un certificato verde tramite il quale si attestava l’avvenuta vaccinazione o la guarigione da covid. A metà ottobre entrava in vigore l’obbligo nei luoghi di lavoro e veniva data la possibilità di ottenerlo anche tramite il tampone. Fino a metà novembre la situazione andava avanti senza particolari insidie con una crescita dei casi e delle ospedalizzazioni ampiamente gestibile.

 Il 25 novembre però l’Imperial College di Londra definiva “orribile” la nuova variante scoperta in Sudafrica a causa delle 32 mutazioni presenti. L’Oms le assegnava il nome di Omicron. In un battibaleno la sua diffusione nel mondo, specie in Europa e Stati Uniti, diventava fulminea. Le curve tornavano a prendere una pendenza ripidissima, anche se le ospedalizzazioni, pur salendo, non facevano registrare gli stessi picchi e nelle farmacie scattava la corsa pazza al tampone per le feste di Natale. Questa volta, a differenza del 2020, si possono trascorrere tutti insieme, anche sulla neve, ma con grandi precauzioni e sempre lontani dall’agognata normalità.