La questione rischia di diventare un tema politico

Il rischio è che tutta l’architettura del Green pass europeo venga giù. Se gli Stati continuassero ad andare in ordine sparso non avrebbe più senso tenere vivo lo strumento messo in piedi dall’Unione per garantire la libera circolazione soprattutto grazie ai vaccini. A Bruxelles il problema è ben presente, per questo dalla Commissione europea sono arrivati distinti richiami all’Italia per non aver comunicato la decisione di imporre nuove misure restrittive ai vaccinati e ai titolari di green pass.

A Bruxelles si erano detti “stupiti” per il fatto che l’Italia non avesse comunicato la decisione. La questione era stata sollevata martedì sera dalla vicepresidente della Commissione, Vera Jourova, che aveva evidenziato come tali misure dovessero essere “giustificate sulla base della situazione reale” e che aveva ipotizzato che del tema se ne sarebbe discusso al Consiglio europeo. “Il certificato digitale Covid dell’Ue non è morto, anzi, è uno dei progetti comuni di maggior successo dell’Unione europea negli ultimi anni, perché aiuta le persone a viaggiare, aiuta il turismo a sopravvivere e i servizi ad andare avanti”, aveva detto mettendo le mani avanti.

Oggi sono intervenuti di nuovo i portavoce dell’Esecutivo Ue che hanno sottolineato di non aver “ricevuto alcuna notifica dall’Italia sull’obbligo dei test Covid per i viaggiatori provenienti dall’Ue“, in vigore dal 16 dicembre. “Per mantenere un approccio coordinato gli Stati membri hanno l’obbligo di notificare 48 ore prima alla Commissione europea l’introduzione di nuove restrizioni”, ha spiegato il portavoce nel briefing quotidiano con la stampa. “Secondo il regolamento sul certificato Covid digitali Ue, ulteriori restrizioni sui titolari dei certificati sono possibili solo quando necessarie. In ogni caso qualsiasi misura deve essere proporzionata e applicata nel più breve periodo di tempo possibile”, ha evidenziato il portavoce.

Il regolamento sul Certificato Covid digitale Ue, che chiamiamo green pass, prevede all’articolo 11 che gli Stati si astengono dall’imporre ulteriori restrizioni alla libera circolazione, come test aggiuntivi, la quarantena o l’autoisolamento legati ai viaggi. A meno che non siano necessarie e proporzionate ai fini della salvaguardia della salute pubblica secondo le prove scientifiche disponibili. In ogni caso se un paese giustifica l’introduzione di nuove restrizioni deve riferirlo a Bruxelles e agli altri Stati membri. Alla fine la notifica è arrivata nel pomeriggio e ora la Commissione analizzerà se le misure rispettano i criteri e se sono giustificate.

La questione non è solo burocratica, ma rischia di diventare un problema politico. Il primo ad aver introdotto nuove restrizioni ai titolari di green pass è stato il Portogallo, poi l’Italia e a seguire la Grecia, che ha annunciato per tutti i visitatori l’obbligo di avere da domenica un tampone molecolare negativo fatto nelle 48 ore precedenti all’ingresso nel Paese. A detta di fonti europee, il tema finirà molto probabilmente sul tavolo dei leader dei 27 paesi nel Consiglio europeo di domani, che proprio al primo punto prevede la discussione sul Covid. In una prima bozza delle conclusioni del Consiglio si sottolinea che le misure contro il Covid debbano essere coordinate, basate sugli sviluppi scientifici e che eventuali restrizioni “si basino su criteri oggettivi e non pregiudichino il funzionamento del mercato unico o ostacolino in modo sproporzionato la libera circolazione tra gli Stati membri e i viaggi nell’Unione europea”.

Insomma, se viene meno quel coordinamento che ha visto come poche volte l’Unione europea unita e compatta, inizia a vacillare qualche certezza e il percorso verso l’Unione della salute. E’ un problema di credibilità rispetto a tutto quello che si è costruito negli ultimi mesi e che potrebbe avere ripercussioni anche sulla campagna di vaccinazione.

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