Quattro gol per tornare in gara
Dieci gol in tre partite sono la certificazione matematica che forse la Juventus si è scrollata di dosso una strana sindrome minimalista, la stessa che le impediva non di pensare ma di agire in grande.
Certo, né l'Udinese né la Spal possono rappresentare baluardi tecnici in grado di mettere in difficoltà i campioni d'Italia, però la dimensione tennistica dei due ultimi successi rappresenta una indispensabile iniezione di autostima. Anche perché chi sta davanti, ovvero Napoli e Inter, continua a correre e fermarsi significherebbe pregiudicare con largo anticipo la conquista del settimo scudetto di fila, cioè andare oltre la leggenda per citare Andrea Agnelli. Che, immaginiamo, avrà trovato pace. Sembrava tutto facile, forse troppo.
Due gol in meno di mezz'ora, pressapoco come era accaduto a Bergamo contro l'Atalanta. Prima una delizia assoluta di Bernardeschi (controllo e tiro al volo) al minuto 14, poi la solita punizione telecomandata di Dybala al 22', in maniera che l'ex fiorentino potesse 'battezzarsi' in bianconero con il primo gol allo Stadium e che l'argentino improvvisamente triste interrompesse il lungo di giugno. Poi però, come troppe volte è successo in questa stagione, la Juventus ha smarrito mordente e concentrazione, ha rallentato la manovra, è diventata vulnerabile e ha consentito alla Spal di rientrare in partita con la stoccata di Paloschi, figlia di una dormita illegittima di Lichtsteiner.
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