Seconda settimana di rubrica, prima settimana di primavera. Non poteva esserci occasione migliore per parlarvi di uno dei miei fiori preferiti, probabilmente il preferito in assoluto. Faccio una premessa: da qui in avanti non vi sarà difficile sentirmi ripetere la stessa affermazione rivolta ad altri fiori. È l’amore per la complessità, lo stupore, e la bellezza dei fiori che mi conduce spesso a slanci emozionali da Hit Parade. Ciò detto, il fiore di cui vi parlo questa settimana è per me davvero un po’ più speciale di altri: quest’oggi vi parlo del papavero.
Meraviglioso fiore dalla storia lunghissima, coltivato 5.000 anni prima di Cristo nell’antica Mesopotamia, il papavero conquista subito per simpatia e incuriosisce per l’aspetto. Appartenente alla famiglia delle Papaveraceae, di questa annuale e perenne si contano circa 80 specie, fra le quali le più conosciute sono il Papaver Rhoeas (o papavero rosso), il più conosciuto, quello dei campi; il Papaver Orientalis e, in campo medico il Papaver Somniferum da cui si produce l’oppio e i suoi derivati (tra cui l’eroina e la morfina). Hanno un portamento affascinante i papaveri: spesso li si ritrova curvi, ripiegati su sé stessi, come se stessero facendo un inchino al primo sole del mattino, e si lascino scompigliare dalle leggere folate di vento che, asciugandoli dall’umidità notturna, li proietta verso una nuova fioritura, quella del nuovo giorno che sta per iniziare. Una fioritura intensa e fugace che dura un giorno o poco più, ma nessuna paura, perché ogni pianta è in grado di far sbocciare fino a 400 fiori in una stagione. Le vigorose fioriture e la capacità di tollerare il gelo e di riseminarsi da soli fanno dei papaveri i grandi protagonisti dei prati e dei campi incolti, gli indiscussi portatori di bellezza nelle aiuole ai bordi delle strade, dove la natura si diverte a pennellare spontanei capolavori di proporzione e colori.
Ma la cosa che più di tutti mi fa impazzire del Papavero risiede nel suo aspetto delicato e spettinato, deliziosamente stropicciato. Il suo esile stelo, contorto e sinuoso, è ricoperto da una sottile peluria che richiama alla mente il collo di un cigno. E il bocciolo, che si apre spaccandosi e svelando petali che paiono carta velina, delicati e forti al tempo stesso, trasforma quella peluria in pelle d’oca, emozione continua d’uno spettacolo così intenso e così fugace. Il papavero lo si ama per davvero, è un rapimento senza riscatto e senza rilascio. Osservare, poi, come il fiore si apre e si modifica in continuazione è la grande meraviglia: la sua fioritura, infatti, è così veloce che par di vederla mutare a vista d’occhio. E confrontarci con i cambiamenti e le trasformazioni è sempre un buon esercizio. È incredibile come, per quanto si possano conoscere, questi fiori ogni volta mostrino qualcosa di nuovo. Davanti a me, mentre sto scrivendo, ho un vaso colmo di coloratissimi papaveri ed è proprio nell’abbinamento dei colori di cui sono dipinti che si può cogliere la bellezza di una palette di colori per noi improbabile o per lo meno desueta: il rosa con il rosso, petali arancio e pistilli gialli come il sole, o ancora il giallo intenso con un rosa salmone o un rosa antico.
Abbinamenti bellissimi per i fiori, ma azzardati per la nostra comune idea d’estetica. Proviamo ad immaginare di vestirci e decorarci con gli stessi abbinamenti sgargianti dei fiori, parleremmo ugualmente di magnifica bellezza o forse semplicemente di un modo eccentrico e un po’ fuori luogo, di abbigliarsi? Ad ognuno le proprie riflessioni, ma nel dubbio, io oggi indosserò qualcosa dal colore sgargiante, magari anche con più colori insieme, perché in fondo è primavera e ho una gran voglia di fiorire e di riempirmi di colori, proprio come i papaveri.