Lunedì il terzo e forse anche ultimo giro di consultazioni: si inizia con il M5S e si finisce con la presidente del Senato Casellati

Chissà come avrà trascorso la domenica, Sergio Mattarella, la prima delle terze e – si spera – ultime consultazioni. Soltanto i suoi consiglieri più stretti sanno quali pensieri hanno attraversato la mente della prima carica dello Stato nelle ore, giorni e mesi di trattative trascinate, frenate improvvise e brusche riprese.

Dopo due mandati esplorativi andati a vuoto e a due mesi dalle elezioni del 4 marzo che hanno consegnato al Paese tre minoranze di opposto segno politico, per trovare la quadra ci vorrebbe un miracolo. Ed è lecito immaginare che il presidente della Repubblica, da buon cattolico, speri fino all'ultimo che i partiti si arrendano al fatto di trovarsi in un sistema proporzionale e costruiscano un'intesa da riferirgli nello Studio alla Vetrata dove il capo dello Stato comincerà con il M5S e finirà, la sera, con la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Rispetto ai giorni scorsi è emersa una novità: il passo indietro di Luigi Di Maio che si è detto disposto a cercare insieme a Matteo Salvini una figura politica come premier per realizzare pochi punti essenziali: reddito cittadinanza, abolizione della legge Fornero e norme anticorruzione. Ovviamente a questo punto però un passo indietro toccherebbe anche a Silvio Berlusconi e in questo senso è dirimente il vertice del centrodestra di Palazzo Grazioli. La notte porta consiglio e nella lunga nottata prima della salita al Colle, i diversi leader – Di Maio e Matteo Salvini in primis, ma anche Berlusconi – sono chiamati a interrogarsi non soltanto su cosa convenga ai rispettivi schieramenti, ma su quale sia il bene per il Paese.

Mattarella tirerà le fila soltanto dopo che le delegazioni delle forze politiche avranno parlato e non farà sconti. Se dopo l'apertura dei Cinquestelle e il vertice di Forza Italia-Lega-Fratelli d'Italia non dovesse emergere alcuna soluzione politica, allora non resterebbe che il governo del Presidente o, alternativa fino a ieri meno gettonata ma rilanciata fortemente da Di Maio, la prosecuzione dell'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni fino a al voto anticipato per il disbrigo degli affari correnti, tra i quali le importanti scadenze economiche. Il dato di fatto è che il M5S non voterebbe la fiducia a un esecutivo di tregua, prospettiva che invece sembra essere caldeggiata da Forza Italia e Pd e su cui il Carroccio oscilla.

Maurizio Martina ha garantito che il Pd "non farà mancare il suo contributo" al presidente Mattarella. Pesano anche le parole del premier Gentiloni, chiamato direttamente in causa. "In questo momento dire 'no' al Presidente Mattarella è dire 'no' all'Italia. Dire di 'no' a prescindere, per me, è un errore. Inviterei tutti a massima prudenza", ha sottolineato il presidente del Consiglio che in merito a un suo prolungamento a palazzo Chigi ha aggiunto: "Preferirei di no, ma quello che dice il Presidente della Repubblica è mio dovere fare".

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