Storia e mito del profeta del gol, morto di cancro a 68 anni

Anche nel modo di andarsene da questo mondo Hendrik Johan Cruijff, spesso solo Cruyff, è stato davvero un fuoriclasse: lo ha comunicato al mondo attraverso il suo sito, poche righe e addio. Da quel preciso istante è cominciata la sequela di ricordi, riconoscimenti, rimpianti, beatificazioni, paragoni, iperboli in un rimbalzo impazzito da ogni parte del pianeta. Nessuno che abbia frequentato il calcio ai suoi tempi – gli Anni Settanta – e che lo frequenti adesso si è sentito autorizzato a non lasciare un graffite sul campione che più di qualsiasi altro ha capovolto il mondo del pallone, dando una spinta propulsiva unica e inimitabile a un gioco che – prima di lui – prevedeva coordinate quasi "barbare". Era malato da tempo di cancro, aveva un cuore infilzato di by-pass, si teneva ma non si tratteneva, ad esempio, nel fumare.

Era nato in Olanda ma era spagnolo, anzi catalano, di adozione: non a caso, è morto proprio a Barcellona, dove aveva messo radici con la moglie Danny Coster, dove era un re. Abbandonato il calcio, si era appassionato al golf: e anche in questo sport, l'unico dove si colpisce una pallina ferma e non in movimento, era diventato bravissimo. Lo ricordiamo spesierato e determinato insieme partecipante alla Vialli e Mauro Cup, la gara benefica organizzata dai due ex calciatori della Juventus per raccogliere fondi da utilizzare nella battaglia contro la Sla. Sbagliava poco anche lì e, quando capitava, abbozzava appena un sorriso.

In fondo, classe ne aveva da vendere. In campo era mostruosamente bravo e totale. Ad esempio, ai tempi in cui i numeri di maglia erano l'identitikit di un ruolo, Cruijff aveva scelto il 14, che era una maniera abbastanza concreta per andare oltre le barriere dell'ovvio. Nove anni nell'Ajax dei marziani (dal '64 al '73), cinque al Barcellona (1973-1978), poi esperienze qua e là a fine carriera, poi ancor allenatore dell'Olanda, dell'Ajax e del Barcellona, perché a ben considerare da quel triangolo non si è mai mosso. Il paradosso è che un fenomeno come Cruijff non abbia mai vinto il Mondiale (è arrivato secondo nel 1974) e l'Europeo (terzo in Jugoslavia nel 1976), anche se a livello di club ha fatto razzia di scudetti e di Coppe, come di trofei personali, per tutti i tre Palloni d'Oro.

Tra i molti tweet e i messaggi su Facebook se abbiamo scelto uno, quello di Pep Guardiola, catalano, simbolo del Barça, eccetera eccetera: "Johan ha dipinto la Cappella Sistina", io, Van Gaal e Rijkaard abbiamo solo aggiunto qualche pennellata". Il resto, in effetti, è fuffa.
 

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