Dopo essere riuscito a portare in radio e al grande pubblico un genere fino a poco tempo fa escluso dal mainstream, ora tenta un'impresa più coraggiosa

Cosmo è tornato, e questa volta ha deciso di osare e alzare ancora una volta l'asticella. Dopo essere riuscito a portare in radio e al grande pubblico un genere fino a poco tempo fa escluso dal mainstream, ora tenta un'impresa più coraggiosa: addirittura un doppio album, 'Cosmotronic', con nel secondo cd solo tracce elettroniche strumentali.

Sono libertà che Cosmo ha potuto prendersi grazie al successo degli ultimi due anni, ma non vola troppo alto: "Nonostante da più parti mi senta dire 'ce l'hai fatta, hai svoltato', io la vivo veramente con i piedi per terra. Continuo a vedere musicisti con dieci volte più successo di me, quindi rimango ancora entro certe dimensioni. Sono molto contento, ma non mi sento di essere arrivato da qualche parte. E' un percorso da mantenere nel tempo".

Certo, però, ammette, si è generata "una serie di dinamiche interessanti perché sento grande attenzione nei miei confronti e mi sono preso certe libertà. Ma non è sempre tutto 'figo' quando hai l'attenzione addosso. A volte la mia personalità è stata fraintesa: hanno pensato mi fossi montato la testa, mentre il mio carattere è sempre stato molto esuberante e egocentrico".

E se ora il futuro sembra roseo, per il dj, produttore e cantautore di Ivrea, al secolo Marco Jacopo Bianchi, non è sempre stato così: "Arrivo da anni di tour, con più di 500 concerti. Dopo tanti sbattimenti cominciavo a perdere l'entusiasmo. Quando hai dei figli e il tuo stipendio é più basso di quello di un operaio, pensi forse non valga la pena dedicare tutto quel tempo alla musica. Ero pronto a metterla da parte e a tenerla solo come passione. Quello che é successo mi ha ridato una carica pazzesca. Avevo bisogno di fare musica".

E proprio questo ha fatto Cosmo: musica. Talmente tanta da riempire un doppio album: "Avevo un sacco di materiale. Mi sono reso conto che se avessi fatto un unico disco ci avrebbero rimesso sia le canzoni, sia le produzioni strumentali perché una avrebbe continuamente spezzato il viaggio dell'altra. Si sarebbero rovinate a vicenda. E poi, è un gesto provocatorio, nell'epoca dei singoli, pubblicare un disco così pesante".

Il successo di Cosmo negli ultimi anni nel mixare la canzone d'autore e la musica da club (e lo fa nuovamente benissimo in 'Cosmotronic') e nell'arrivare al pubblico con un genere unico e nuovo per gli ascoltatori italiani, si inserisce in un movimento che sta scuotendo tutto lo Stivale. Basti pensare a Calcutta, Brunori Sas, Thegiornalisti, ma pure al rap e alla trap: in Italia c'è stata un'ondata di musica fresca e giovane affacciatasi alle radio per rivoluzionare il panorama.

E Cosmo ne è ben cosciente: "Nell'estate del 2016 era uscito il mio disco e stavo iniziando a notare che qualcosa si muoveva. Le radio hanno iniziato a smuovere parecchio per me. Poi sono esplosi Calcutta, Thegiornalisti, Motta… c'era un cambiamento. Anche la trap per esempio. C'era un ricambio generazionale e ho iniziato a chiedermi perché. Sicuramente abbiamo colmato un vuoto di generazioni nuove che entrassero nella musica: ci voleva. Credo questo ricambio sia stata un'esigenza dettata nel vuoto creato con la complicità dei talent. Per diversi anni, prima di questa piccola rivoluzione, l'unica possibile benzina nuova nel sistema musicale veniva fornita dai programmi tv, che purtroppo però sfornano artisti con contratti di sei mesi: provano, se non va bene vengono svincolati. I talent creano personaggi televisivi, c'è una vendita di dischi pompata nell'immediato ma non é detto riesca a reggere un'intera carriera".

Una rivoluzione dettata dal merito o dalla fortuna? "Sicuramente c'è una parte di merito, ma c'è anche la fortuna di essere stati nel posto giusto al momento giusto. Siamo portatori di una gavetta diversa". E la si percepisce, soprattutto, nelle esibizioni dal vivo: per Cosmo ripartiranno il 17 marzo da Bologna. E' lui stesso a raccontarlo: le prime volte nelle quali andava in tv tutti rimanevano stupidi dal fatto che non volesse usare gli ear monitor, perché abituato a suonare in condizioni decisamente peggiori in club e piazze d'Italia. "In questo tour, però, ho deciso di usarli – ride ironico -. Adesso divento un fighetto". 

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