Pd, Letta si prende 48 ore per decidere. Ipotesi candidatura Serracchiani

Nel partito ci sono movimenti frenetici in vista dell'assemblea di domenica

Enrico Letta si prende 48 ore di tempo prima di sciogliere la riserva. L’ex premier non è insensibile al richiamo del ‘suo’ Partito democratico, ma ci sono ancora diverse variabili da vagliare. “Sono grato per la quantità di messaggi di incoraggiamento che sto ricevendo”, scrive sui suoi canali social, non nascondendo dubbi né sentimenti. “Ho il Pd nel cuore e queste sollecitazioni toccano le corde più profonde – spiega -. Ma questa inattesa accelerazione mi prende davvero alla sprovvista. Avrò bisogno di 48 ore per riflettere bene. E poi decidere”. Il senso del momento che vive il gruppo dem è tutto in questo messaggio: perché a dominare è l’incertezza, dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti. Come dimostra la battuta di un big come Emanuele Fiano: “Com’e la situazione? Buona, ma non ottima”.

Non è un mistero che Letta potrebbe accettare il ruolo di segretario solo a due condizioni: una sostanziale convergenza delle varie aree della galassia dem e la garanzia che il Congresso si terrà nel 2023, alla scadenza naturale del mandato. Già sul primo paletto fissato, però, si intravedono difficoltà. Nel partito ci sono movimenti frenetici in vista dell’assemblea di domenica, così le 48 ore di tempo chieste da Letta rischiano di diventare terreno fertile per costruire nuove candidature. La conferma arriva da diverse fonti: in campo ci sarebbe, infatti, l’ipotesi di un documento trasversale a cui starebbero lavorando le donne dem, finalizzate alla presentazione di un proprio nome da sottoporre all’Assemblea, quello della vicepresidente Debora Serracchiani. Toccherà però al massimo organismo interno stabilire i criteri necessari per le candidature. Ad esempio, tra le possibili scelte c’è quella attuata in occasione dell’elezione della coordinatrice della Conferenza delle donne, Cecilia D’Elia, raggiungendo un quorum di 234 firme, pari al 20% dei 1.171 componenti dell’Assemblea.

Letta, però, sembra aggregare un largo consenso sulla sua figura. Almeno stando alle dichiarazioni ufficiali. “Serve una personalità, a partire da domenica, scelta con il massimo consenso possibile per dare un messaggio all’Italia che il Pd, invece di stare chiuso in una stanza, mentre c’è la pandemia, mentre serve un piano vaccinale rafforzato, mentre arriva il Recovery Plan, si prepara anche alle prossime amministrative”, sottolinea Stefano Bonaccini. Anche per Andrea Romano quello di Letta è “un nome assolutamente adatto” ma è “inevitabile” aprire anche una discussione di tipo congressuale. Mentre la presidente dem, Valentina Cuppi, pur riconoscendo nell’ex premier “una figura autorevole”, non nasconde che “ci sono stati anche altri nomi che sono emersi” e dunque rimanda il dossier all’assemblea. Sul nome di Letta, inoltre, converge il pieno sostegno di Matteo Mauri a nome dell’area Fianco a fianco. In questa fase di attesa, infine, c’è anche spazio per un ‘amarcord’ politico, quello dell’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, oggi presidente di Articolo1-Mdp. “Enrico ed io siamo la prova vivente che in quel partito una volta si poteva lavorare assieme in vera amicizia e in vera lealtà”. Magari sarà un buon auspicio per il futuro.