Milano, 13 mag. (LaPresse) – Emanuele De Maria aveva sempre tenuto un comportamento corretto “anche durante i due anni di lavoro” come receptionist all’Hotel Berna presso e “senza che nulla potesse lasciare presagire l’imprevedibile e drammatico esito”. Lo scrivono il presidente della Corte d’appello di Milano, Giuseppe Ondei, e la presidente facente funzioni del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Anna Maria Oddone, in una nota sui “tragici eventi” dell’evasione del 35enne, l’omicidio della collega trovata cadavere al Parco Nord, il tentato omicidio di un altro collega e infine il suicidio gettandosi dal Duomo di Milano domenica. De Maria era stato ammesso al lavoro esterno fuori dal carcere dopo che i giudici avevano acquisito “informazioni dalle forze dell’ordine” e alla fine di “un’istruttoria” con “l’Amministrazione Penitenziaria e tutti i soggetti coinvolti nella gestione del trattamento detenuto”. Dopo il “condivisibile sconcerto” suscitato della vicenda i magistrati fanno sapere di partecipare “al dolore delle vittime e dei loro familiari”. Corte d’appello e Tribunale stanno valutando se e quali “iniziative potranno essere assunte in ogni sede” dopo la tragedia ma fanno sapere “che il provvedimento emesso dall’Ufficio di Sorveglianza” a De Maria aveva “per oggetto l’approvazione del programma predisposto dall’area trattamentale della Casa di Reclusione di Bollate di ammissione al lavoro all’esterno” come prevede l’articolo 21 della legge sull’ordinamento penitenziario che è “applicabile a tutti i detenuti nel rispetto della normativa ordinaria” con l’obiettivo di provare a “garantire la rieducazione sotto il vigile controllo degli operatori”, concludono Ondei e Oddone.

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