Milano, 18 ott. (LaPresse) – “Dovremmo essere più severi con l’economia sommersa e il lavoro nero e avere anche il coraggio di mettere in crisi piccole e micro imprese che sopravvivono perché c’è il lavoro e non pagano tasse e contributi. Dovremmo avere il coraggio di dire che queste imprese non hanno più ragione di esistere, c’è una tolleranza eccessiva nei confronti della microimpresa anche quando questa assume lavoratori in nero, il che non è tollerabile. Una maggiore severità aiuterebbe a far sviluppare le imprese sane”. Lo dice a LaPresse Giampaolo Galli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, commentando i dati diffusi dall’Istat sull’economia non osservata nel 2022. “Dal 2019 al 2022 sono stati fatti dei progressi nella riduzione del lavoro nero” ma non “siamo ancora a livelli che non sono accettabili”, osserva Galli. “La verità è che ci sono settori, province e regioni nelle quali gli ispettori del lavoro, facendo anche un’estrazione a caso finirebbero per trovare il 10-20% di lavoratori irregolari o anche di più, e la questione è perché non lo fanno. A mio avviso la risposta a questo è che in molti casi, se venissero perseguiti i datori di lavoro che assumono lavoratori in modo irregolare, quindi in nero, quelle attività economiche sparirebbero”, spiega l’economista. “C’è anche una difficoltà oggettiva di fronte a cui si trovano gli ispettori del lavoro e la Guardia di finanza: a volte si trovano dei casi di irregolarità grave con sfruttamento e allora si interviene, però quando c’è irregolarità diffusa, come in gran parte dell’agricoltura specie al Sud, o in buona parte delle costruzioni, si fa fatica a intervenire perché vi è il timore di creare un eccessivo numero di disoccupati. La mia impressione è che sia una percezione vera, comprensibile, ma nel fondo sbagliata”, aggiunge Galli.

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