Roma, 18 giu. (LaPresse) – “E’ da due mesi che chiediamo di essere convocati dal ministero del Lavoro sul ‘Protocollo caldo’, ad ogni riunione ci viene promesso ma poi non ci convocano. Sembra che aspettiamo che muoia qualcuno per agire”. Lo ha detto a LaPresse la segretaria confederale Uil, Ivana Veronese, interpellata sull’insorgere dell’emergenza caldo e sullo schema di protocollo elaborata lo scorso anno ma rimasta, attualmente, carta. Secondo via Lucullo, il confronto si è arenato perché si è tentato di spostare il raggio d’azione dall’emergenza caldo alla più ampia rosa delle emergenze climatiche. “Negli incontri di luglio le associazioni datoriali lo avevano proposto, buttando di fatto la palla in tribuna”, spiega infatti la segretatia. “Il ministero ha provato andargli dietro ma non è riuscito e così – continua – abbiamo perso mesi importanti”. Ora però le temperature tornano ad aumentare e l’allarme si fa più pressante. Veronese così torna a ribadire le richieste già avanzate l’anno scorso: “Vorremmo che a fronte di certe temperature o ci fosse una rimodulazione dell’orario o che scattasse la cassaintegrazione automatica, non possiamo lasciare tutto alla libertà impresa”. In realtà, lo schema che era stato elaborato da via Flavia a settembre 2023 prevedeva una serie di tavoli contrattuali settoriali tra sindacati e aziende da attivare entro l’autunno per declinare le buone prassi contro le condizioni meteo avverse nei luoghi di lavoro nei contratti collettivi nazionali attualmente in vigore, cassando così la bozza emersa a luglio che indicava invece precise soluzioni organizzative per il datore di lavoro, a partire dall’organizzazione dei piani di lavoro, fino a prevedere lo stop al lavoro in casi di caldo estremo.

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