Grande delusione per il Cavallino Rampante. Occhi puntati sulla prossima stagione per il riscatto

Il deve accontentarsi ancora una volta della piazza d'onore, utile a far brillare ancor più la luce di Lewis Hamilton. In Messico è andato in scena il finale di un copione già scritto da qualche settimana: Mercedes campione e Ferrari che rinvia nuovamente i sogni di gloria. Almeno per un altro anno, prolungando un lungo digiuno che dura dal 2007. Una stagione che, sulla falsariga di quella precedente, lascia l'amaro in bocca per quello che poteva essere e che non è stato. Da un lato perché Sebastian Vettel è stato a lungo in testa al Mondiale nella prima parte del 2018, dall'altro perché la SF71H ha dato l'impressione di poter essere superiore – come pacchetto macchina – alle Frecce d'Argento. Proprio per questo motivo 'stona' il trionfo di Hamilton, che ha chiuso i giochi a tre appuntamenti dalla fine del campionato, scenario difficilmente ipotizzabile in estate, ribadendo la superiorità sul tedesco, surclassato nella seconda parte di stagione, in un'annata in cui il britannico è stato semplicemente perfetto.

Nel confronto diretto tra i due l'ex pilota della Red Bull è uscito con le ossa rotte. Vettel ha commesso una serie di errori nell'arco di tutto il Mondiale che hanno scavato un solco diventato sempre più ampio Gran Premio dopo Gran Premio. Dall'Azerbaigian, quando nei giri finali ha rovinato le proprie gomme nel tentativo di superare Bottas, che si trovava in testa, finendo per perdere tre posizioni, fino alla Francia, per un tamponamento al via sempre con Bottas che lo ha costretto a una gara in rimonta, chiusa al quinto posto. Il vero turning point arriva però ad Hockenheim, nella gara di casa per Seb. Il ferrarista mentre era comodamente al comando è finito contro le barriere a causa della pista umida per la pioggia, consegnando a Hamilton la più pesante delle vittorie. Un macigno che Vettel si porterà dietro nelle gare successive e che non riuscirà più a scrollarsi. A Monza, dopo il trionfo illusorio di Spa, il tedesco subisce nel primo giro il sorpasso da parte di Hamilton alla variante della Roggia, tenta di resistere e finisce in testacoda, compromettendo la propria gara. A Singapore un errore di strategia dal box unito a una qualifica non perfetta complicano la corsa di Seb, mentre Hamilton si invola verso l'ennesima vittoria stagionale. Lo scenario si ripete anche in Russia, mentre in Giappone Vettel è di nuovo protagonista di un contatto, sempre nelle prime battute, con la Red Bull di Verstappen. Ne esce un sesto posto, dietro anche a Kimi Raikkonen, che di fatto mette la parola fine sulle chance iridate della scuderia di Maranello. Il copione va in scena anche negli Usa, con Vettel che questa volta si gira nel primo giro per un contatto con Ricciardo, a conferma della crisi, tecnica e psicologica, del quattro volte campione del mondo.

Gli scarsi risultati ottenuti da settembre in poi (eccezion fatta per l'acuto di Kimi Raikkonen ad Austin e il doppio podio in Messico) pongono una serie di interrogativi anche all'interno degli uffici di Maranello. Il team principal Maurizio Arrivabene è finito sotto accusa, in particolare per la difficile gestione dell'addio di Raikkonen, annunciato dopo Monza, gara in cui il finlandese è scattato dalla pole position davanti al compagno di squadra, e per non aver saputo tenere la nave a galla nel momento di burrasca. Forse proprio la scomparsa del presidente Sergio Marchionne, personalità forte capace di tenere tutti in riga, coincisa con il crollo della 'rossa', ha finito con influire più di quanto si potesse immaginare sui risultati in pista della Ferrari. L'amarezza per aver mancato il bersaglio grosso non deve far dimenticare le note positive di questa stagione. La Ferrari infatti ha dimostrato di aver colmato il gap con Mercedes in pista. E l'anno prossimo con la novità Charles Leclerc, il ventenne predestinato autore di un'ottima prima stagione in Formula 1 con l'Alfa Sauber, partirà con due piloti pronti a lanciare la sfida a Hamilton. E provare a interrompere il digiuno.

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