Running, Battocletti si racconta: “La mia vita tra corsa e università”

Running, Battocletti si racconta: “La mia vita tra corsa e università”
Nadia Battocletti of Italy crosses the finish line to win the Under 20 Women’s race during the European Cross Country Championships at the Bela Vista park in Lisbon, Sunday, Dec. 8, 2019. (AP Photo/Pedro Rocha)

La campionessa europea under 23 dei 5000 metri piani: “A Parigi spero di fare meglio di Tokyo”

Voleva fare medicina, ma significava andare a vivere in un’altra regione e rinunciare all’atletica. Così si è iscritta a ingegneria edile e architettura, “non proprio facilissimo, anche perché abbiamo l’obbligo di frequenza dei corsi e un sacco di progetti da consegnare, ma vengo dal liceo scientifico e per me la matematica è importante. Riesco a organizzarmi con il carico di allenamento, e poi sono mattiniera, quindi spesso mi alleno prima di andare a lezione”. Nadia Battocletti, 22 anni, campionessa europea under 23 dei 5000 metri piani, detentrice del record nazionale dei 5 km e dei 3000 metri piani indoor, 3 volte campionessa italiana di cross lungo, finalista a Tokyo nei 5mila metri, è cresciuta in un paesino del Trentino, Cavareno, “quand’ero piccola ho fatto un sacco di sport, dai 6-7 anni ho fatto tennis per qualche anno oltre all’atletica. Che significava ancare a correre nei boschi, giocare a nascondino con gli altri, da noi non c’erano piste. Ma sono molto fortunata a vivere in Trentino, c’è tanto spazio per correre. La pista d’inverno la tocco poco, anche perché quando nevica poi si ghiaccia”, racconta a LaPresse. Nadia è figlia d’arte: la mamma è  Jawhara Saddougui, ex atleta marocchina, il papà Giuliano, 17 presenze in nazionale e un oro a squadre agli europei di cross ottenuto nel 1998, oggi è il suo allenatore. “Ci vogliamo un gran bene e abbiamo tutti e due lo stesso obiettivo. Lui è molto bravo a tenere separati i ruoli, io non ne approfitto mai nel dirgli ‘dai papà, l’ultima ripetuta non la facciamo’. È bravissimo a organizzare tutto, e a me piace avere tutte le cose sistemate”. Essere figlia di due atleti non le pesa né teme il confronto, “io lo vivo bene, tranquilla, per me l’atletica è stata un po’ un gioco fino ai 14 anni, anche dopo, diciamo che è diventata una cosa seria quando sono entrata nel gruppo sportivo delle fiamme azzurre. Non mi sento mai a disagio nel pensare ai tempi che facevano i miei, mi piacerebbe avvicinarmi, certo”. In più avere due genitori che appartengono allo stesso mondo “aiuta, mi sento molto fortunata, mia mamma cerca di supportarmi sempre, e posso parlarle di quello che succede o provo anche se non è lì con me”.

“Vorrei rivivere le stesse emozioni di Tokyo”

La gara preferita? “Mi piacciono un sacco i tremila ma in realtà mi trovo bene su tutte le distanze che corro, sui 5mila avrei voluto fare meglio l’anno scorso, ma a inizio stagione ero infortunata, poi ho avuto la mononucleosi. Il cross mi è sempre piaciuto, perché non ha tempi, spesso tutte le previsioni vengono ribaltate. E poi è vario, non è come fare il topolino in pista: dovunque vai hai un percorso diverso”. Per quest’anno si è data un programma molto ampio, dai 1.500 fino ai 10mila metri, dove “dovrei fare un po’ meno di 32 minuti, 31, ma parto da zero, è la prima volta, vediamo. Faccio i campionati italiani”. Nel mirino c’è il 5mila a giugno a Oslo, dove proverà il minimo per i campionati mondiali e per i Giochi di Parigi. “Ormai manca un anno, vorrei riscoprire e rivivere le stesse emozioni di Tokyo. Andare alle Olimpiadi era il mio sogno, a inizio stagione ero infortunata e invece sono arrivata in finale. Se ci ripenso mi viene un brivido: la call room, il villaggio olimpico, gli altri atleti, la pista… Sono cresciuta molto, oggi sono più matura, a Parigi spero di fare meglio“. Più in là chissà, magari ci saranno le lunghe distanze: “la mezza, la maratona mi interessano ma non adesso, ci penserò tra 5 anni”. E nel futuro l’ingegneria o l’allenamento? “Mi sono messa a studiare per occupare il tempo, mia mamma è socia di una ditta di ingegneri e architetti quindi chissà, il posto lo avrei. Per l’allenamento invece ti dico già di no, ci vuole talento: mio papà lo ha, io ti posso supportare ma non ho quel talento lì. A volte sento gli altri atleti parlare e io zitta: posso costruirti un edificio ma non dirti che allenamento fare”.

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