Il simbolo di resilienza e resistenza, contro avversari, infortuni, crudeli sterzate del destino e l’incedere dell’anagrafe, ha fatto sapere che può bastare così. Vanessa Ferrari scende di pedana, saluta a quasi 34 anni il mondo delle competizioni che l’hanno resa una delle regine più amate dello sport italiano e si inchina al tempo. “Sto annunciando il ritiro ora. L’avevo già deciso prima di Parigi: questa Olimpiade sarebbe stata l’ultimo atto della mia vicenda agonistica. Desideravo fosse il finale della mia carriera. Mi spiace non sia stato così. Ma è arrivato il momento di dire basta e sono serena. Fisicamente gli infortuni si stanno facendo sentire”, ha dichiarato in una intervista a ‘Brescia Oggi’ prima di spiegare meglio nel dettaglio la sua decisione in occasione del Festival di Trento, che scatterà domani. La lesione al polpaccio sinistro per una caduta in allenamento a poche settimane dai Giochi di Parigi le ha spezzato il sogno della sua quinta Olimpiade, quella che avrebbe chiuso un cerchio di una carriera che resta grandissima. Una delle migliori atlete italiane di sempre può raccontare una storia che sembra un romanzo, iniziato nel 2006 con l’oro conquistato a 17 anni ai Mondiali in Danimarca e proseguito da una serie di successi e sconfitte, di rinascite memorabili e luccicanti come quella di Tokyo 2020 quando si prese l’argento dopo due quarti posti e un piazzamento deludente, superando mononucleosi, operazioni al tendine d’Achille e a entrambe le caviglie. Con quell’argento gonfio di sudore e lacrime, l’azzurra si collocò al terzo posto, dopo l’uzbeka Oksana Cusovitina e la brasiliana Daniele Hypólito, fra le ginnaste che vantano il maggior numero di anni trascorsi fra la prima e l’ultima medaglia internazionale, avendo vinto la sua prima medaglia europea da senior proprio nel 2006.
Igor Cassina: “Ha fatto conoscere il valore della ginnastica femminile italiana”
Un esempio di longevità e di perseveranza, di amore per uno sport di cui lei ha fatto da autentica apripista. “Vanessa ha dato la possibilità al settore femminile della ginnastica di entrare nella casa degli italiani. Il nostro sport ha sempre avuto una prevalenza al maschile con risultati di spicco, partiamo da Menichelli passando per Yuri Chechi. Ebbene, questa ragazzina di 16 anni nel 2006 con l’oro conquistato ai Mondiali in Danimarca nel concorso individuale ha dato la possibilità a tutto il mondo di far conoscere il valore della ginnastica femminile italiana. Da lì tutto è iniziato e portato ai risultati che sappiamo”, ha dichiarato a LaPresse, l’ex ginnasta azzurro Igor Cassina, campione olimpico alla sbarra ai Giochi di Atene 2004, compagno di nazionale dell’azzurra. “È complicato avere uno standard così elevato per tanti anni, i giovani incalzano, avere nuovi stimoli e motivazioni non è semplice. Qualsiasi atleta metterebbe la firma ad arrivare alla metà degli anni che ha visto Vanessa atleta incontrastata con la metà dei suoi risultati, quindi chapeau”, ha aggiunto l’azzurro di cui ricorda la determinazione e la freddezza in pedana perché “non è semplice per un atleta fare gli esercizi nel migliore dei modi quando serve farlo”. E lei la perfezione l’ha inseguita fino all’ultimo salto possibile. Come a Londra 2012 quando fu la prima ginnasta ad eseguire un enjambé cambio ad anello con 360° di rotazione al corpo libero, dando quindi il suo nome a questo elemento, che venne inserito nel Codice dei Punteggi con un valore “D”. Il ‘Ferrari’, un nome, un simbolo, una storia di sport da incorniciare.