Il Cio 'desidera' che a rappresentare l'Italia sia Milano, fresca di Expo, gestita da una maggioranza politica considerata "affidabile"
Dopo la Lega di Serie A, l'Olimpiade che verrà. O che potrebbe venire. Giovanni Malagò è un po' come Manny tuttofare, il protagonista del cartone animato statunitense che con l'uso esperto dei suoi attrezzi è in grado di riparare qualsiasi guasto. Non a caso, nelle prossime ore il presidente del Coni cercherà di 'sistemare' la delicata questione dei Giochi invernali del 2026 in capo a una missione (più che) esplorativa al Cio, nell'uggiosa Losanna.
L'Italia c'è, anzi dovrebbe esserci. Ma con chi? In ballo ci sono Torino, che ha ufficialmente fatto un passo avanti con la manifestazione di interesse da parte della sindaca Chiara Appendino; forse Milano, visto che il faccia a faccia in Comune con il sindaco Giuseppe Sala è andato al di là del semplice caffé e pasticcini; magari le Dolomiti, anche se in questo momento a spingere è solo il Governatore del Veneto, Luca Zaia. Tanta roba. Per poter accettare la candidatura dell'Italia, che ospiterà la sessione del Cio, il Cio medesimo è disposto a modificare la propria carta: però solo alla condizione primaria di suggerire alcuni desiderata.
E il Cio 'desidera' che a rappresentare l'Italia sia Milano, fresca di Expo, gestita da una maggioranza politica considerata "affidabile". Eggià, perché la scottatura di Roma 2024 con il no grillino di Virginia Raggi brucia ancora: "Per una candidatura olimpica servono tre gambe. E ora manca la terza gamba del tavolo", ha detto Malagò, chiamando in causa il Governo. "Fino a quando non c'è un esecutivo è inutile parlarne", ha aggiunto. Intanto, però, il blitz a Losanna non è stato né annullato né procrastinato, a testimonianza che la questione resta di stretta attualità.
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