Il difensore del Sassuolo a LaPresse: Così ho sconfitto la malattia
In campo è specializzato nello stoppare gli attaccanti avversari. Fuori dal campo, Francesco Acerbi ha dovuto fronteggiare un nemico imprevisto e decisamente più ostile. Estate 2013: l'arrivo al Sassuolo del possente e talentuoso difensore lombardo, da tempo nel giro della Nazionale, è macchiato dalla scoperta di avere un tumore al testicolo. Il successivo intervento d'urgenza sembra aver posto fine all'incubo. Invece si tratta solo del primo tempo. In autunno il tumore si ripresenta, implacabile e spietato come un attaccante che sbuca all'ultimo in area dopo essersi nascosto per 90 minuti. Per l'ex giocatore di Milan e Chievo inizia un'altra partita, decisamente più impegnativa. Dalla quale emerge, ancora una volta, da vincitore. Il ritorno in campo è il traguardo liberatorio, il lieto fine che aggiunge il nome di Acerbi alla folta schiera di atleti usciti più forti dello scontro con la malattia.
Hai affrontato e vinto due volte il tumore. Torniamo all'estate 2013, agli esami medici che rivelano una cruda verità.
Sono rimasto sorpreso e stupito. La parola tumore fa sempre paura e non sapevo bene a cosa andassi incontro. Fortunatamente i medici mi hanno subito tranquillizzato e, dopo una visita ed un intervento chirurgico al San Raffaele, la cosa si è risolta abbastanza velocemente.
Il tuo primo pensiero, dopo la scoperta?
E' andato a mia mamma. Tende a preoccuparsi molto e ho dovuto valutare quando e come dirglielo. Non è stato facile.
Dopo averlo sconfitto la prima volta, il tumore si ripresenta qualche mese dopo. In parallelo, si apre una battaglia contro la sospensione decisa dal Coni.
La seconda volta non mi ha sorpreso come la prima. In un certo senso ero già pronto a combattere. La recidiva è emersa dopo un controllo antidoping di routine a fine partita. Quello che mi ha dato molto fastidio sono stati i titoli sui giornali che ipotizzavano un caso di doping. E' stato traumatico, quasi come lo stesso tumore.
Hai temuto di non tornare più a giocare?
Non ho mai pensato di smettere. Sapevo che sarebbe stata dura, in quanto questa volta dovevo affrontare anche cicli di chemioterapia. Diciamo che me ne sono fatto una ragione ed ho mantenuto un atteggiamento positivo verso la lotta che mi attendeva nei mesi seguenti.
Ma un atleta, da sempre abituato al sacrificio e al duro lavoro fisico, è più 'preparato' ad affrontare le cure?
Non credo, perché penso sia basilare il carattere di ogni persona e sono importanti anche le persone che ti sostengono. Ma alla fine devi trovare le forze dentro di te. Devi avere voglia di vivere, di tornare alla vita di tutti i giorni, di tornare a fare quello che ti piace. Nel mio caso, il pensiero fisso era quello di tornare a giocare a calcio in Serie A.
Una volta guarito è stato difficile tornare ai ritmi partita?
Finita la chemio ho cominciato ad allenarmi con intensità e poi ha avuto la possibilità di effettuare tutta la preparazione estiva insieme alla squadra. Sono arrivato in perfette condizioni all'inizio del campionato.
La doppia battaglia ti ha cambiato? Che cosa ti porti dentro di quei momenti?
Come dico sempre, la chemioterapia, in un certo senso, mi ha migliorato. Mi ha reso più consapevole e più responsabile, mi ha fatto capire i valori della vita, le cose importanti. Nella lotta e nelle difficoltà di ogni giorno sono diventato uomo.
In un mondo come quello del calcio, spesso dipinto come superficiale ed attento solo alle cose materiali, come viene vista la malattia?
Io ho avuto un grandissimo supporto e sostegno da parte dai miei compagni, da parte della società Sassuolo e da parte di tanti tifosi. Nel calcio in generale non è normale vedere persone malate. Ma credo ci sia la percezione che sia una sfida dall'esito incerto e perciò si tende a gestirla non pubblicamente.
25 ottobre 2014, Parma-Sassuolo 1-3: la tua prima rete in maglia neroverde. L'hai vissuta come una rivincita?
Più che altro è stata una rivincita con me stesso, visto che in passato forse non avevo sfruttato con la testa giusta alcune opportunità di carriera che mi ero conquistato. Ad esempio quando sono stato al Milan.
Molte persone scelgono di non parlare della loro malattia in pubblico, considerando l'argomento un tabù. Perché?
Non so, forse c'è paura di scoprire le proprie debolezze… Io la penso diversamente, addirittura ho scritto un libro ('Tutto bene – la mia doppia vittoria sul tumore', scritto con Alberto Pucci, ndr) perché penso che sia utile parlare della malattia, condividere le difficoltà, spiegare come affrontarla. Insomma, condividere e parlare della propria esperienza penso possa essere utile agli altri e possa dare coraggio a chi si trova in difficoltà.
L'Europa è ancora alla portata del Sassuolo?
Per andare in Europa dobbiamo migliorare rispetto all'andamento attuale che è un po' in flessione come risultati, ma non come prestazioni. Mai dire mai, ma dobbiamo ritornare a vincere.
Hai già prenotato le vacanze estive o aspetti una chiamata da Conte?
Non ho ancora prenotato. Il mio obiettivo personale è andare all'Europeo.
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