Roma, 23 dic. (LaPresse) – “La loro presenza non è stata importante. E’ stata fondamentale. Perché sia Francesco che Daniele mi hanno aiutato in tutto e per tutto: senza paragoni loro due sono state le persone che mi hanno aiutato di più dentro la Roma. Mi hanno supportato e consigliato dalla A alla Z”. Così Alessandro Florenzi in un’intervista rilasciata al sito ufficiale della Roma ha parlato di come Totti e De Rossi abbiano influito nella sua crescita professionale. “Partendo dagli atteggiamenti da tenere in squadra e in un ambiente come quello della nostra città. A volte mi hanno preso in disparte ma spesso è bastata una parola messa in una frase e un’occhiata a farmi capire se stavo facendo una cosa buona o no – ha proseguito il centrocampista giallorosso – Francesco non ti insegna le cose, ma ti ispira: vedi le magie che fa in campo e provi a rifarle, anche se non è facile emularlo. E’ sempre una fonte di stimolo. Daniele è poi per chiunque un esempio sia per l’atteggiamento in campo con la sua voglia e cattiveria calcistica sia per l’intelligenza tattica”. Ripercorrendo la propria infanzia, Florenzi ha evidenziato che “avrò avuto quattro o cinque anni quando ho iniziato a vedere le prime partite alla tv con mio padre: lì ho iniziato a capire il calcio, le sue regole e cosa fosse quella squadra che giocava con i colori giallo e rossi – ha evidenziato – quando avevo cinque-sei anni, non ricordo bene la data, mio padre ha iniziato a portarmi all’Olimpico a vedere la squadra. La prima gara in assoluto? Non mi ricordo bene la partita, ma di quel giorno mi sono rimaste impresse altre cose nella memoria, come la gente allo stadio, i giocatori, il campo verde…”.

A proposito del primo giocatore che abbia cercato di emulare, Florenzi ha sottolineato che “quando si giocava con sotto casa o a scuola i nomi dei giocatori famosi erano i soliti, ovviamente Francesco Totti era il più gettonato da tutti nella capitale: conta che quando la Roma vinse lo Scudetto nel 2001 avevo dieci anni… – ha sottolineato il centrocampista della nazionale – Poi però, a dire il vero, quando sono cresciuto e ho iniziato a giocare nelle squadre di calcio il mio idolo era Cesc Fabregas, un giocatore fantastico per me”. Il giocatore giallorosso ha poi ricordato il suo approdo nelle giovanili della Roma. “Quando avevo nove anni sono andato a giocare nella Lodigiani, in quella che al tempo era considerata la terza squadra della capitale, visto che militava nell’allora serie C. Dopo due anni lì mi sono trovato nella situazione di dover scegliere tra Roma e Lazio, che mi volevano entrambe. Io mi sono convinto quando sono andato con mio padre a Trigoria e lì ho incontrato Bruno Conti, il responsabile del settore giovanile del club – ha spiegato – Non mi ricordo bene cosa ci dicemmo, ma mi bastò la sua presenza e la sua accoglienza per farmi scegliere i colori giallorossi”. A proposito dello scudetto del 2001 Florenzi ha ammesso di ricordare che “benissimo Roma-Parma, l’ultima di campionato, che vidi da casa. E poi non posso scordare la festa, con la città che era impazzita di gioia. Io con mio padre andammo in giro per Roma il giorno della vittoria e anche la settimana dopo, quando ci fu la festa al Circo Massimo. Indimenticabile”, ha ricordato.

Altro momento fondamentale nella carriera del centrocampista della Roma, l’esordio in Prima squadra, con l’ingresso in campo al posto di Totti. “Era maggio del 2011, era un Roma-Sampdoria allo stadio Olimpico. E’ stato molto bravo proprio Francesco che ha reso la cosa subito molto simpatica e semplice per me, perché è bastato un suo sorriso per farmi stare più tranquillo – ha svelato Florenzi – La mia presenza sul campo è durata poco, dato che erano gli ultimi tre minuti di gara, ma devo dire che è stata una grande emozione. E’ uno di quei momenti clou che rimangono impressi a vita e sono contento che i miei erano in tribuna a vedermi”. Adesso Florenzi è uno dei giocatori cardine della Roma. “Innanzitutto cerco sempre di essere umile come mi ha insegnato la mia famiglia, anche se sarei sciocco a dire che non è cambiata la mia vita. Il fatto che la gente ti riconosce, anche fuori di Roma e dall’Italia, è comunque una cosa bella e non deve essere visto come un deficit – ha sottolineato – secondo me è da interpretare come un segnale che stai facendo delle cose positive e che sei sulla buona strada. Ripeto, basta vivere questo aspetto con tranquillità, soprattutto tenendo conto del fatto che si può essere un esempio per i bambini più piccoli”, ha concluso il calciatore giallorosso.

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