Torino, 13 ago. (LaPresse) – “Mi sento come un maratoneta che dopo 41 km si deve fermare all’ingresso dello stadio olimpico, il luogo che aveva sognato e a cui aveva dedicato ogni fatica. Il fatto è che questa maratona, magari camminando, la voglio finire lo stesso”. Lo ha detto Mauro Berruto tornando, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, sulle sue sue recenti dimissioni dalla guida della nazionale di volley maschile italiana. L’ex ct torna sui fatti di Rio, dove a pochi giorni dall’inizio della World League cacciò alcuni atleti dalla squadra per aver ritardato il rientro: “Quattro giocatori hanno deliberatamente deciso di non rispettare una mia indicazione: fra i quattro, purtroppo, c’era Travica, il capitano. Allenatore e atleti non possono essere sullo stesso piano: ho sempre esercitato il buon senso, tuttavia ci sono momenti in cui il rispetto dei ruoli deve essere sostanziale”.
A detta del tecnico, l’inizio dello smottamento coincide con “la cena per l’argento all’Europeo 2013. Per la prima volta ho avvertito che l’egoismo stava minando un valore fondante della mia squadra: l’essere a disposizione in modo incondizionato”. A Berruto viene chiesto se non era meglio mollare dopo i Giochi 2012: “E perché mai? Sono arrivato ai Giochi con una dozzina di mesi a disposizione e la mattina dopo il bronzo ho considerato di ricominciare da capo”, spiega. “Sono partito da Rio con un senso di condivisione rispetto alla scelta fatta. Ma in Italia – sottolinea Berruto – ho trovato un clima cambiato, anche perché qualcuno ha galoppato la situazione per saldare dei conti. Ho tolto d’imbarazzo la Federazione da un’improbabile difesa ad oltranza: l’aria era ormai irrespirabile”. “Cosa rispondo a chi mi dà dell’inadatto? Venti anni di storia parlano per me. C’è chi misura tutto in coppe e trofei e chi valuta la fatica, i giri lunghi passando per oratori, categorie giovanili, campionati di B, A2, A1, di Grecia, di Finlandia. Io sono quello. Chiudo con 1 bronzo olimpico, 2 argenti europei e 5 podi di fila dopo aver ereditato una squadra che dal 2005 al 2010 di medaglie non ne aveva vinte”. E conclude spiegando che “forse per un po’ mi occuperò d’altro, ma non abbandono l’idea di tornare sulla panchina della nazionale per completare il chilometro lasciato in sospeso”.
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