di Attilio Celeghini

Kazan (Russia), 6 ago. (LaPresse) – Semplicemente, la Divina. Federica Pellegrini, sempre lei. Anche a Kazan la campionessa veneta è riuscita a regalarsi e a regalarci, a 27 anni compiuti proprio ieri, di cui più di dieci anni trascorsi da regina del nuoto azzurro nel mondo, imprese da applausi a scena aperta. Come sempre ha fatto, nella sua strepitosa carriera impressa da tempo nella leggenda. Un altro capolavoro, l’ennesimo. Portato a termine come se le stagioni, per lei, non passassero mai. Una regina sempreverde, come i campioni veri. Una fuoriclasse della piscina, senza tempo, in uno sport dove le 16enni divorano l’acqua e i record come i squali. Capace di tenere a testa, con la spinta della classe, la costanza della vera professionista e la fame di una matricola, ad avversarie ben più giovani che reclamano spazio sul podio e copertine. E che per adesso devono solo osservare ed applaudire. Ancora.

La frazione con cui Federica ha trascinato le azzurre della staffetta 4×200 ad un argento bellissimo ed insperato sono il manifesto della sua vita sportiva. Un recupero magistrale condito con stile, potenza, ostinazione. L’ultima vasca che fa sempre la differenza. Tanta personalità, quella che a volte la tradisce facendola passare da antipatica davanti al pubblico. 1’54″73: questo il tempo da urlo della veneta, secondo solo a quello della svedese Sarah Sjostroem, 1’54″31. E’ stata la ‘zampata‘ della veterana, che con quel furioso agitare di braccia ha bruciato inglesi e svedesi trascinando con sé le compagne su un podio mai raggiunto dalla staffetta azzurra al Mondiale. Davanti all’Italia, solo gli Stati Uniti delle imprendibili Ledecky e Franklin, autentici missili. Dietro le azzurre, la Cina. E l’argento è arrivato ad appena 24 ore da quello, altrettanto bellissimo, conquistato da sola nei ‘suoi’ 200 stile alle spalle della solita ‘Phelps in gonnella’ Ledecky e accolto tra lacrime di commozione. Come se fosse il primo trofeo. Ed invece era il sesto podio mondiale consecutivo, roba da eternità.

E’ anche questo il segreto della ragazza di Spinea, cresciuta con il mito di sua maestà Franziska van Almisck: non accontentarsi mai. Lo aveva già fatto capire dopo l’argento ai Giochi di Atene 2004, un’era geologica fa. In quell’occasione, quella talentuosa 16enne veneta non riuscì a nascondere il disappunto per non aver visto l’arrivo in lontananza della rumena Potec, che le strappò dalle mani quell’oro che Federica sentiva già suo. Anni dopo, quella fame resiste. E la porta ad inseguire ogni titolo come se la sua bacheca non fosse già un forziere pieno di tesori. Nella sua specialità, la veneta si è presa i Giochi, i Mondiali, 11 record mondiali. E la mente corre veloce a quel pianto con cui a Montreal, nel 2005, accolse l’argento nei 200. Noi non avremmo mai immaginato – lei sicuramente sì – che 10 anni dopo sarebbe ancora salita sul podio mondiale.

Nel mezzo le pagine di un romanzo incredibile, scolpito da sorprese, trionfi, azzardi. Senza farsi mancare delusioni, cadute, momenti di fragilità. Sempre affrontati e superati con il piglio da guerriera. Togliendo quelli sportivi, il dolore più grande e che ha segnato per sempre Federica è stato la scomparsa del coach Alberto Castagnetti. La sua guida, il suo mentore, il suo punto di riferimento. Il destino li ha separati, la Pellegrini ha rialzato la testa e trovato la strada per proseguire. Continuando a lottare. E a vincere. E lo ha vinto così tanto anche perché ha saputo cambiare. Affidandosi a nuove guide tecniche, scegliendo nuove mete di allenamento, cimentandosi in nuove specialità. Raccogliendo nuove sfide, per rinascere. Come l’araba fenice, l’immagine forse più rappresentativa nella sua variegata collezione di tatoo, che si è impressa sul collo dopo un periodo di crisi.

Dalla leggenda dell’araba fenice alla leggenda di Federica Pellegrini. Tanto si è scritto di lei, tanto si sta scrivendo e tanto si scriverà ancora lungo la strada che porta a Rio 2016. L’altro appuntamento che la veneta attende per scrivere un altro capitolo di una storia che sembra davvero infinita. La Divina. L’unica diva dello sport italiano, sintesi raffinata di successi sportivi e gossip, per la gioia di tutti i paparazzi. La più titolata, insieme a Valentina Vezzali, altra ragazza d’oro, il suo corrispettivo acchiappa-ori nella scherma. O, semplicemente, la più grande atleta di sempre. Capace di emozionare e far discutere, amata o contestata, ammirata, imitata ed invidiata. Come tutte le vere regine.

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