dall’inviato Andrea Capello

Baku (Azerbaigian), 17 giu. (LaPresse) – Uomo di sport e uomo di fede. Giovanni Pellielo, 45 anni e tre medaglie olimpiche (due argenti ed un bronzo, ndr) alle spalle non parla mai per caso, anzi. Ogni suo pensiero è frutto di un’attenta riflessione sia che si disquisisca di sport quanto di vita. E così quando a Baku dopo il bronzo ai Giochi Europei si tocca l’argomento del giorno ovvero quello dei migranti, Pellielo si esprime in maniera tanto sobria quanto netta: “Ultimamente sono costernato, è uno scempio a cui assistiamo quotidianamente di persone che muoiono, stragi, bambini – dice – Sento parlare di affondamenti di barconi, delle cose devastanti. Si dice di aiutarli a casa loro, in questo c’è molto egoismo e molta cattiveria. Dovremmo avere tutti la bontà del cuore per essere aperti all’accoglienza e al rispetto del genere umano, secondo me non si rispettano le persone lasciandole morire a casa loro. Se impariamo ad amare il prossimo certe esternazioni che si sentono ultimamente non verrebbero proferite”.

A riguardo il vercellese ricorda l’incontro con Papa Giovanni II al Giubileo degli sportivi: “lui disse: ‘spalancate le porte a Cristo’. Un messaggio che ci invita a fare qualcosa ognuno nel nostro piccolo. Lo dico da estremo peccatore uomo che cammina con fede ma con i piedi per terra”. Quella conquistata oggi in Azerbaigian per Pellielo è la 180esima medaglia di una straordinaria carriera. “E’ stata una gara estremamente difficile – racconta – c’era molto vento e i piattelli vanno dove vogliono. Ero preparato ma non al massimo perché i mondiali sono a settembre. Mi dispiace che dopo avermi battuto allo spareggio per entrare in finale il russo Alipov non mi abbia dato la mano. E’ un cafone ma non è un problema mio”.

Per il 45enne piemontese, già qualificato ai Giochi di Rio, quella brasiliana potrebbe essere l’Olimpiade dove finalmente entrare nella storia con la medaglia d’oro: “Ma non ci penso perché da quando è mancato mio padre, il 12 ottobre 2013, una settimana dopo aver vinto il mio quarto mondiale a Lima, vivo ogni giorno come fosse l’ultimo e anche ogni competizione come se fosse l’ultima. Quando ho disputato le olimpiadi di Londra usciva ed entrava dall’ospedale ed è venuto a mancare nel momento in cui stava meglio. Questa cosa ha completamente trasformato il mio modo di pensare nello sport. Ora riesco ad assaporare ogni singolo momento perché da un momento all’altro potremmo non esserci più”.

In ogni caso Pellielo non esclude l’idea di gareggiare fino a Tokio 2020 quando avrebbe 50 anni: “L’unica cosa a cui penso è ma fino a quando romperò i piattelli? – dichiara – probabilmente è anche la motivazione che mi spinge a vedere dove arrivo. Certo che l’età avanza per tutti ma mi rifaccio ad una frase molto bella che ho sentito da Buffon ovvero ‘noi anziani dobbiamo dimostrare di più’ e quindi questo è anche il motore che mi spinge ad essere sempre li al vertice. La bellezza del nostro sport è che non conta l’età ma quanti piattelli rompi e nemmeno la bellezza fisica altrimenti sarei sempre ultimo”, dice ancora sorridendo.

Una persona di tale levatura non può infine non dispensare un consiglio a Jessica Rossi, campionessa olimpica della stessa specialità ora in crisi di risultati: “Siamo molto amici – argomenta – il nostro sport è molto complesso. Con un piattello fumato in più o in meno si vince l’oro o si sta fuori da una finale. Lei spara comunque bene”. “Il suo record del mondo a Londra? E’ l’eccezionalità che non può esserci sempre – conclude – E’ un momento di gloria e non può essere quello il riferimento nella vita di tutti i giorni. Lei tra l’altro è una ragazza seria che si impegna tantissimo e sono certo che riuscirà ad uscirne. Glielo auguro con tutto il cuore”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata

Tag: