Di Attilio Celeghini
Sassuolo (Modena), 7 mar. (LaPresse) – Il personale giro d’Italia di Simone Zaza potrebbe arricchirsi a giugno di una nuova tappa, e che tappa: Torino, sponda Juventus. Il brillante coronamento di un percorso segnato da accelerazioni, cadute, risalite. Iniziato nel settore giovanile dell’Atalanta, maglia che veste nel suo esordio in Serie A, nel 2009, sotto la guida di Delneri. Simone ha 18 anni e gli occhi di molti talent scout addosso. Sembra già il suo trampolino di lancio: invece il giovane bomber lucano deve ancora scendere di categoria, assaggiare i campi di Serie B e di Lega Pro prima di rivelarsi, a suon di gol e belle prestazioni nel Sassuolo, come uomo nuovo del calcio italiano.
Il 2014, poi, è stato il suo anno: a fine agosto Conte, reclutatore di volti freschi ed affamati, lo lancia nell’attacco della Nazionale post-Brasile. Esordio brillante contro l’Olanda, prima rete azzurra contro la Norvegia ed applausi a scena aperta. Esplode la Zaza-mania: tutti pazzi per il ragazzo che si taglia la barba perché così vuole la mamma, colleziona tatuaggi e alle spiagge di Miami preferisce quelle della ‘sua’ Metaponto. Non a caso, proprio nella placida provincia emiliana l’anti-divo Zaza ha trovato la sua dimensione ideale. In attesa del grande salto verso la Juventus, dove potrebbe approdare il prossimo anno.
‘Sassuolo è il posto ideale per un giocatore che cerca tranquillità’, racconta l’attaccante intervistato da LaPresse. ‘Se un giorno decidessi di andare via da qui, so che non potrei più vivere una vita del genere. Questa è l’unica piazza così tranquilla. E’ come essere in una grande famiglia’.
In cosa ti vedi migliorato rispetto a qualche anno fa?
Sicuramente nei comportamenti durante le partite. Sono diventato grande, mi atteggio maggiormente a professionista. Sono attento ai dettagli. Anche se penso di aver sempre avuto la testa sulle spalle.
Tante soddisfazioni negli ultimi mesi, ma gli inizi non sono stati in discesa. Dopo quattro anni a Bergamo, nel giugno 2010 rimanesti senza contratto.
Ma non ho mai pensato che la mia carriera da calciatore professionista rischiasse già di finire. Il pensiero di arrivare in Serie A non era un’ossessione, non ci pensavo. Anche se dentro di me ero consapevole che potevo farcela. Sono stati momenti duri ma non mi sono mai abbattuto, ho sempre continuato a giocare.
Che ricordi conservi degli anni all’Atalanta?
Bellissimi, a parte l’ultimo periodo. A Bergamo ho trascorso la mia adolescenza, lasciato amici che sento ancora adesso. Un’esperienza che ricorderò per tutta la vita.
Nella Juve Stabia, prima del passaggio in prestito al Viareggio e poi all’Ascoli, hai vissuto altri momenti difficili.
Arrivai in Campania dalla Sampdoria, in prestito. Convinto di poter fare bene, anche se in Serie B non avevo mai giocato. Purtroppo non è andata come speravo: ho visto tantissime tribune. Forse è stato anche per demerito mio, ma non mi hanno dato la possibilità di giocare. Penso che in quella squadra ci sarei stato alla grande.
Da piccolo hai imparato a memoria tutti i gol di Van Basten. Ce n’è uno che sogni di replicare?
Dicono che la mia rete al Cagliari ricordi quella segnata all’Urss, nella finale dell’Europeo 1988. Io non credo: la sua è stata molto più difficile, vista la posizione dove si trovava.
E oggi quali giocatori segui con interesse?
La risposta Ibrahimovic e Cristiano Ronaldo è scontata. Mi piace molto Drogba, quando era al top era una bestia. E anche Diego Costa.
Hai detto che quello del calcio non è un bell’ambiente.
Il calcio non è tutto rose e fiori e lo capisci soprattutto nei momenti di difficoltà. Ci sono passato anch’io: dopo l’exploit in Nazionale, ho passato tre settimane dove non riuscivo a giocare bene e a segnare. Questo non tanto per una questione fisica, quanto mentale. In due settimane sono passato da fenomeno a schiappa: non è stato bello. Come in tutti i settori, ci sono persone buone e cattive. Nel calcio ci sono tante persone che ne approfittano.
Il difensore più ‘cattivo’ che hai affrontato?
Chiellini picchia duro. Penso anche a Savic, della Fiorentina. In Serie A ci sono difensori davvero tosti. Ma a me piacciono queste sfide, sono belle se c’è onestà e se le cose si fanno senza cattiveria. E io impazzisco per il gioco maschio.
Il tuo unico vizio è ancora la playstation?
Da quando il mio cane l’ha rotta non ci gioco più. E comunque non ne avrei il tempo. Quali squadre scelgo? Le solite: Real, Barcellona, Bayern, il Psg perché c’è Ibrahimovic. Altri vizi? Ogni tanto, quando non ho allenamento, mi bevo una birra. In estate, anche due.
Tre parole per definire Di Francesco, il tecnico del miracolo Sassuolo.
E’ onesto, a volte troppo buono. E’ preciso: nei suoi schemi dev’essere tutto come vuole lui. Ed è sincero. Tiene molto al rapporto con i suoi giocatori.
Il tuo rapporto con i compagni di squadra?
Passo quasi tutti i giorni con Terranova, che adesso non sta passando un bel periodo visto l’infortunio. Ma vado d’accordo con tutti. In particolare con capitan Magnanelli e Bianco, anche sono molto più grandi di me: la conferma che questo è un gruppo bellissimo. Spesso mi trovo in camera con Floccari: mi aiuta sin dai tempi dell’Atalanta. Lui era in prima squadra, io nelle giovanili ma mi allenavo con loro.
Nel mercato di gennaio il futuro di Zaza è stato un tormentone: il passaggio alla Juve sembrava vicinissimo. Poi il discorso è stato rinviato a fine stagione. Come hai vissuto quei momenti?
Male. Non volevo sapere nulla di cosa stava accadendo. Mi sono isolato, pensavo solo a fare bene con il Sassuolo. Ma vuoi o non vuoi, inconsciamente queste cose ti turbano. In quella settimana abbiamo giocato contro il Cagliari: non stavo bene con la testa, non ero concentrato. Quando finalmente si sono calmate le acque, abbiamo affrontato l’Inter. Ed è andata bene (i neroverdi hanno vinto 3-1 con reti di Zaza, Sansone e Berardi, ndr): non può essere un caso. Per fare bene, ho sempre bisogno di tranquillità.
Sei critico nei tuoi confronti?
Molto, non sono un tipo che si accontenta. Non mi fisso molto sui dettagli perché sono un giocatore istintivo. Ma se in certe cose sono migliorato, su altre so che devo ancora lavorare molto.
La crisi del nostro calcio e la fuga dei top player ha permesso ai giovani italiani di emergere? Il tuo pare un esempio significativo.
Sono le società a decidere che cosa vogliono fare. Se il Sassuolo avesse puntato su un attaccante straniero, forse non avrei fatto questa strada e avuto questa opportunità. Magari oggi sarei al Real, chissà… In ogni caso, è vero che se una volta un campione di fama mondiale sceglieva subito l’Italia, ora ci pensa due volte perché all’estero ci sono campionati più interessanti.
E a te in quale piacerebbe giocare, un giorno?
Premier League e Liga. Ma non saprei a quale dei due sarei più adatto.
Tra le ‘nobili decadute’ in Italia c’è il Milan.
Non sta passando un periodo positivo, ma resta una squadra fortissima. Non ha più i campioni di una volta, ma questo riguarda anche le altre italiane. E’ un calcio diverso, ormai. Ma il Milan ha stabilità, una grande storia: si rialzerà.
Davanti ad un caso come quello del Parma, un calciatore è più arrabbiato o spaventato?
Cinquanta e cinquanta, direi. E’ una brutta cosa. Immagino che affrontare una situazione del genere non sia per niente facile. Anche se fossi un giocatore con dieci anni di Serie A alle spalle e molti soldi, la vivrei male lo stesso. Mi spiace molto per i giocatori.
Se tu fossi il capo del calcio italiano, da dove partiresti per riformarlo?
Dal ‘pulire’ tutte le società dal punto di vista economico. Servono club sani per rafforzare i settori giovanili, con i quali dare la possibilità a tanti giocatori di emergere. Si dovrebbe seguire l’esempio delle squadre ‘B’, come in Spagna. Sono convinto che in Italia ci sono moltissimi giocatori forti.
Come riesce Conte a stimolare voi azzurri nelle poche occasioni in cui vi ha a disposizione?
Il ct di carica ne dà tanta. Se urla? Non così tanto, ma sa come incitarti. Conte è una persona diretta, ti dice subito le cose che pensa, senza girarci intorno. Non lo conosco benissimo, ma il fatto che non possa sempre allenare credo per lui sia un problema. Se dipendesse dal ct, sono sicuro che avrebbe fatto molte più convocazioni.
Cosa vedi nel tuo domani? A fine stagione la tua carriera potrebbe avere una nuova svolta. Forse in bianconero.
Ora il mio obiettivo è fare tanti gol con il Sassuolo. L’anno scorso mi sono fermato a 9, quest’anno voglio arrivare a 15. Poi, a giugno, si penserà al futuro.
Gli amici che ti hanno acquistato al fantacalcio che dicono?
Si lamentano perché prendo troppe ammonizioni…
Lunedì il Sassuolo fa proprio visita alla Juventus. Come si fermano Tevez e compagni?
Non esistono squadre invincibili: quindi, si può fare. Sicuramente loro dovranno sbagliare qualcosa e noi fare una grande partita. Andiamo a Torino con la voglia di provarci.
Hai confessato di avere paura di volare. Le trasferte di Champions possono essere un buon modo per sconfiggerla?
(Ride) Sicuramente. Prendo qualche pillola o parto due giorni prima con il treno. Per giocare in Champions, in un modo o nell’altro arrivo alla destinazione.
A proposito, la tua favorita per la Champions di quest’anno?
Spero che la Juve possa andare avanti anche se sulla carta ci sono squadre superiori. Penso che il Real sia ancora la più forte, ma non ne sono così sicuro. Me la godo da casa.
Per adesso.
Quest’anno, sì. L’anno prossimo vediamo.
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