di Andrea Capello

Roma, 11 feb. (LaPresse) – Acque bollenti in Lega Pro. Fra il presidente Mario Macalli e le società ‘dissidenti’ guidate dal consigliere Gabriele Gravina è ormai guerra aperta. La resa dei conti ci sarà lunedì in un’assemblea che Gravina, intervistato da LAPRESSE, definisce però “farsesca” perché semplice prosecuzione di quella sospesa lo scorso 15 dicembre dopo la mancata approvazione del bilancio.

D: Pensa che lunedì avrete i numeri per mettere in minoranza il presidente Macalli? R: Sicuramente sì. Ma all’ordine del giorno ci sono solamente l’elezione di un consigliere di Lega ed i criteri di ripartizione dei diritti Tv. Non si fa nessun riferimento al bilancio. Praticamente si convoca la prosecuzione di un’assemblea avverso la quale è stato presentato ricorso al Collegio di Garanzia del Coni per chiederne la nullità. E’ una cosa che fa accapponare la pelle. Sono disorientato dal sentire affermazioni di alcuni cosiddetti esperti del settore secondo i quali, citando alcuni esempi negativi avvenuti nello sport in passato, si può stare anche senza il bilancio approvato. Si può stare, ma nell’irregolarità.

D: Crede che il presidente Macalli, se messo in minoranza, debba dimettersi? R: Non ha nessuna intenzione di farlo. Ma se non hai la fiducia delle società devi andare a casa. Ritengo altamente inaffidabile l’attuale numero uno della Lega Pro per quello che dice e poi contraddice. Macalli ha detto che se avesse percepito la sfiducia delle società sarebbe andato a casa poi ha definito il voto negativo sul bilancio ‘non un voto di sfiducia’. Sono già andati sotto con i numeri diverse volte ma la massima di Macalli è una sola: se prendo i voti comando, se non mi votate comando lo stesso. Voi società non contate un tubo. Il sistema sportivo non può essere in mano a queste persone.

D: Alcune società hanno denunciato forti pressioni da parte dell’attuale governance, come giudica queste affermazioni? R: Sono contento di queste denunce e mia auguro che anche tanti altri agiscano, così facciamo chiarezza. Quello che ha avuto il coraggio di dire il direttore generale dell’Ischia (che aveva dichiarato di aver ricevuto minacce dal consigliere federale e patron della Salernitana, Claudio Lotito, prontamente smentite da quest’ultimo con promessa di ricorso alla giustizia sportiva ed ordinaria, ndr) risponde al vero, lo sanno tutti. Le pressioni che avvengono sulle società sono continue.

D: Come giudica il comportamento della Figc e del presidente Tavecchio in questa vicenda? R: Sanno benissimo cosa sta avvenendo e voltano la faccia dall’altra parte. Significa essere corresponsabili. Il presidente federale Tavecchio non può solo prendersi i meriti ma anche delle responsabilità. Bisogna rispettare le scelte delle società. Lo scenario è chiaro. C’è una sorta di patto di sindacato azionario fra le Leghe dove, escludendo le componenti tecniche, hanno dimostrato di avere i numeri per imporre la loro linea politica e programmatica. Mi sembra l’uovo di Colombo. Se cade una di queste componenti il giochino in mano al sistema oligarchico viene meno.

D: Quali sono i suoi programmi se fosse chiamato a dirigere la Lega Pro? R: E’ un sistema chiuso, autoreferenziale e verticistico che deve essere aperto dando maggiore spazio alle società. Serve una politica di programmazione sul versante dei ricavi dove c’è un margine di manovra incredibile. Sul versante dei costi basterebbe togliere un po’ di consulenze legali. Se litighiamo meno con la stessa cifra portiamo a casa uno sponsor per il campionato. Infine bisogna avere la capacità di partecipare al tavolo che conta, quello della Figc, con maggiore incisività.

D: Serve un altro ‘miracolo’ come quello del Castel di Sangro del quale lei fu presidente? R: Non sarebbe un miracolo come non lo era quello. Era la vittoria di un ambiente e di un progetto, non la mia ed anche in questo caso sarebbe altrettanto. Io sono un imprenditore, amo molto il calcio ma il mio è un ruolo di servizio e voglio portarlo avanti fino a dove posso essere utile. Il mondo del pallone non ha bisogno di miracoli ma di fatti.

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