Torino, 25 ago. (LaPresse) – Il mondo del ciclismo italiano piange Alfredo Martini. Un personaggio capace di scrivere pagine preziose nella storia delle due ruote non solo del nostro Paese, ma anche a livello internazionale. Toscano di Firenze, Martini ricoprì per 22 anni la carica di commissario tecnico della Nazionale, rimanendo anche nel periodo successivo una delle figure simbolo del movimento azzurro, quasi un ‘padre’. Nato a Firenze il 18 febbraio 1921, la sua carriera inizia nelle categorie minori. Professionista dal 1941 al 1957, Martini raccolse successi al Giro dell’Appennino, al Giro del Piemonte, in tappe del Giro d’Italia e del Giro di Svizzera. Si distinse come compagno di squadra e confidente di Fausto Coppi.
Successivamente Martini ricoprì l’incarico di direttore sportivo di squadre di lignaggio come Ferretti e Sammontana. Il momento d’oro coincide con il passaggio alla guida della nazionale, dove approdò nel 1975. Impegno che onorò fino al 1997 per poi interpretare quelli di supervisore delle rappresentative azzurre, nel 1998 e di presidente onorario della Federciclismo. Martini rappresentò la ‘coscienza’ delle due ruote azzurre, un’icona capace di dare ai suoi ‘adepti’ lezioni di vita prima ancora che di sport. Importante il bottino conquistato nella sua attività di ct: tra le tante soddisfazioni, vanno ricordate le sei medaglie d’oro dei professionisti con Francesco Moser nel 1977 a San Cristobal, Giuseppe Saronni nel 1982 a Goodwood, Moreno Argentin nel 1986 a Colorado Springs, Maurizio Fondriest nel 1988 a Renaix e Gianni Bugno nel 1991 a Stoccarda e nel 1992 a Benidorm. Titoli ai quali vanno aggiunte sette medaglie d’argento e sette di bronzo.
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