Torino, 28 ago. (LaPresse) – “Da voi è più difficile che in Inghilterra, perciò ho dovuto modificare qualcosa. La prima lezione è che in Italia non si può tenere tanto la palla, perché se salti il primo o il secondo avversario ne spunta un terzo e la prende. Un attaccante deve essere bravo nel movimento”. Così Carlos Tevez in una lunga intervista concessa a La Stampa in edicola oggi. “Conte mi guida nel cambiamento – prosegue l’Apache – mi avrà già consigliato dieci cose che alla fine si sono rivelate esatte. Quando dissi che cura i dettagli come Ferguson lo pensavo davvero”.
Per quanto riguarda i prossimi impegni in campionato e l’imminente sorteggio della Champions League, l’Apache non ha dubbi: “La Lazio sarà una rogna perché immagino la rabbia accumulata con il 4-0 in Supercoppa. Quanto al sorteggio, per vincere la Champions bisogna essere più bravi di tutti. A noi manca forse qualcosa per essere davvero i più grandi ma dobbiamo provarci”. Sulla maglia numero dieci, Tevez dichiara: “Mi hanno spiegato la storia e accetto la responsabilità di portare il 10 nel miglior modo possibile. Del Piero l’ho affrontato con il City però l’essere stato in Inghilterra mi fa pesare meno la sua ombra: laggiù anche un campione come lui contava poco, gli inglesi parlano, si interessano e conoscono soltanto chi sta in casa loro”.
Definito come un piantagrane, Tevez non è interessato ai giudizi altrui: “Do poca importanza ai giudizi di chi non mi conosce. Con Mancini ci siamo riappacificati. Sabato era a Genova ma non l’ho visto altrimenti l’avrei salutato”. Sulla sua carriera, l’attaccante della Juventus ricorda: “Ho passato 6 anni a Manchester e lì non importa che sia stato in due squadre diverse. Non è come a Buenos Aires dove mi sparerebbero se dicessi che giocare nel Boca e nel River è lo stesso, e forse anche a Torino. Ho vinto tanti trofei in giro per il mondo, sono stato campione in Argentina, in Brasile, in Inghilterra con i due Manchester. Ho avuto più alti che bassi e accetto le regole del gioco: se vinci sei un fenomeno, se non riesci ti criticano e qualche volta le critiche sono state giuste. Il compagno di squadra che ho ammirato di più è Scholes allo United”.
Quindi Tevez torna su quella dichiarazione secondo cui sarebbe stato pronto a smettere di giocare a soli 28 anni: “Dicevo che avrei smesso a 28 anni, benché fosse un’età sparata a caso, potevano essere 27 come 30. Cosa mi nausea lo dico quando smetterò: non ero e non sono stanco degli allenamenti e della vita che impone l’essere un calciatore, ci sono altre cose che non mi piacciono e in ogni caso per tre anni non se ne parla, così come del sogno di finire al Boca Juniors: ho firmato per la Juve”. Infine il centravanti argentino torna sulle trattative che in passato l’hanno visto vicino a Inter e Milan: “L’Inter nel 2007 mi lasciava perplesso, era una squadra che si stava formando anche se aveva vinto il campionato. Quanto al Milan, Galliani ha insistito però mi hanno detto che non aveva i soldi per convincere il Manchester City”.
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