Milano, 3 ago. (LaPresse) – “Ciò di cui mi preoccupo è il futuro della squadra. E questo non può prescindere dall’espansione del marchio sul mercato internazionale”. Massimo Moratti commenta così in merito agli sviluppi della trattativa intrapresa con il magnate Erick Thohir per la cessione dell’Inter. Il presidente nerazzurro non è rimasto indifferente all’appello lanciato dall’ex patron nerazzurro Ernesto Pellegrini, che lo sprona a non vendere dichiarandosi pronto ad offrire il suo contributo. “Imbarazzato? No, anzi… Sono rimasto colpito. Le parole di Ernesto sono un immenso atto d’amore verso l’Inter e una grande prova di amicizia nei miei confronti. Ha ragione: le squadre di calcio bisogna amarle. E io credo di saperne qualcosa…”, spiega Moratti in un’intervista a ‘La Gazzetta dello sport’.
Analizzando le ragioni sul possibile coinvolgimento di Thohir in società, Moratti descrive la situazione del calcio italiano, un mondo dove oggi “ci ritroviamo incapaci di fare sistema, con stadi vetusti, senza un format che possa realmente attrarre un interesse planetario. Creare un solido mercato all’estero è un’operazione lunga, difficile e costosa. E la concorrenza è fortissima. L’ingresso di un socio asiatico, per esempio, quel mercato fondamentale te lo porta a casa. Ti costringe a cambiare indirizzo a abitudini manageriali. Ti apre al mondo e a nuove risorse, in modo quasi automatico”. L’Inter, sottolinea Moratti, “deve valorizzare il proprio marchio internazionale se vuole avere un futuro in linea con la sua tradizione”. “Li capisco eccome, i nostri tifosi: il mio primo pensiero è a loro perché l’Inter è di chi la ama. Mi creda, sto agendo per loro”, mette in chiaro il patron che parla anche del suo possibile ruolo nel futuro: “L’Inter sarà una società gestita in modo moderno e internazionale. Se servo, resterò a dare il mio contributo. Ma per favore non mitizziamo il mio ruolo. Lo chiedo anche ai tifosi: i presidenti-simbolo a un certo punto diventano un tappo…. L’Inter non è una mia questione personale. In fondo, non ho mai amato le poltrone”, conclude.

