Roma, 22 gen. (LaPresse) – Una candidatura “coraggiosa, ma che raccoglie consensi crescenti giorno dopo giorno”, che riporti lo sport “fuori dal palazzo” e lo riconsegni alla società civile. Giovanni Malagò presenta alla stampa il suo programma elettorale da candidato alla presidenza del Coni e decide di partire dall’oratorio della chiesa di San Tommaso Moro a Roma, a due passi dalla città universitaria: “non perché mi senta il contraltare di questo luogo o abbia la coscienza sporca in quanto presidente dell’Aniene, il circolo dei ricchi”, sottolinea, ma perché “anche io che sono un imprenditore, sono un volontario e credo che lo sport sia aggregazione”. Energie nuove, mentalità imprenditoriale e l’esperienza maturata da dirigente della giunta Coni e da presidente di una società sportiva di successo: questa la ricetta scelta da Malagò, che ricorda i 15 anni di bilanci in attivo della sua creatura “ottenuti con zero finanziamenti pubblici”. Già perché, attacca Malagò parlando di vera e propria “ipocrisia”, “il Coni prende 411 milioni di euro dallo Stato: come possiamo parlare di autonomia dello sport se ti finanzi interamente con i soldi dello Stato?”. Punto centrale del programma è allora il coinvolgimento dei privati per far ripartire un mondo in difficoltà che gli enti locali non riescono più ad aiutare a causa della crisi economica. Alle spalle del presidente del circolo Aniene siedono atleti plurimedagliati di oggi e di ieri, presidenti di federazioni e associazioni sportive e, ironia della sorte, uno accanto all’altro ci sono anche l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta (in quota Pdl) e Josefa Idem, campionessa mondiale e olimpica di canottaggio, adesso candidata con il Partito Democratico al Senato.
“La mia non è una candidatura bipartisan perché lo sport non ha colore politico”, scherza Malagò che anzi non risparmia una critica al Parlamento, colpevole di non aver approvato la legge sugli stadi. “E’ una ferita, un’occasione persa – ammette – ma sbaglia il Coni a dire ‘io che ci posso fare’ e ad alzare le mani’. Il Coni quando vuole spinge eccome, qui non parliamo solo dello stadio della Roma o della Lazio – aggiunge – la mancata approvazione della legge ha bloccato qualsiasi palazzetto dello sport sopra i 3mila posti in tutta Italia, impianti dove creare posti di lavoro. Lo sport è uno dei pochi settori in cui ci potrà essere speranza in futuro per i giovani di trovare occupazione nel nostro Paese”. Il presidente Aniene, pur tifoso di calcio, non risparmia una critica anche al ‘core business’ del Coni. “Quello delle scommesse, è un finto problema. Non è un problema di tutto il mondo dello sport, ma solo del calcio. Da tifoso – aggiunge – posso dire che il rapporto Coni e calcio non va bene e io non voglio portare il calcio nella giunta del Coni. Il disastro di immagine creato dal calcio al nostro sistema sportivo è vergognoso”.
Al nuovo Coni Malagò chiede, allora, di essere trasparente (“dovrà diventare un palazzo di cristallo”), collegiale, (“adesso è troppo dirigista e autoreferenziale”) , “meno palazzo centrico e burocratico” e dare spazio alla meritocrazia “per consentire al Paese di tornare a essere punto di eccellenza nel mondo. Perché, sottolinea tornando un po’ maliziosamente sulla “sbandierata questione” della posizione dell’Italia nel ranking del medagliere olimpico, “Ventotto medaglie a Londra e 27 a Pechino, chapeau! Ma se avessimo vinto 40 medaglie a Londra non saremmo campioni del mondo e se ne avessimo vinte 20 non saremmo gli ultimi perché non può essere quello lo strumento per misurare lo stato di salute dello sport italiano”. L’appuntamento è fissato al 19 Febbraio, “una settimana prima delle elezioni politiche – scherza Malagò, insistendo nella sua figura di candidato della società civile – chissà che non sia un segno del destino”.

