Roma, 21 ago. (LaPresse) – L’attesa è tutta concentrata sul destino di Antonio Conte. La Corte di giustizia federale deciderà entro domani se ribaltare la decisione assunta dalla commissione Disciplinare nel primo grado del processo sul calcioscommesse, che è costata al tecnico bianconero una squalifica di dieci mesi per le due omesse denunce relative alla presunte combine delle partite Novara-Siena e Albinoleffe-Siena nel campionato di serie B del 2010-2011, quando Conte allenava il Siena. Il tecnico bianconero è stato il protagonista indiscusso del processo di appello, che si è concluso oggi pomeriggio all’ex Ostello della gioventù del Foro italico, a Roma, dopo due giorni di dibattimento. Conte si è presentato ieri in aula con i due suoi avvocati, Luigi Chiappero e Antonio De Rensis, e con la new entry, Giulia Bongiorno. Ed è stata propria quest’ultima a dettare la linea difensiva, con un’arringa durata quasi mezz’ora. Tutta mirata a screditare il grande accusatore di Conte: Filippo Carobbio. “Per la commissione disciplinare – ha sottolineato Bongiorno – Carobbio non mente mai, ha una percentuale d’infallibilità del cento per cento: è divino, uno e trino”. “Io – ha proseguito l’avvocato – gli avrei fatto 450 domande, che non gli hanno fatto nè Palazzi nè la procura di Cremona”. Conte ha assistito in aula: braccia conserte, sguardo attento, ha seguito tutti i lavori del processo. C’erano anche il suo vice, Angelo Alessio (8 mesi di squalifica in primo grado) e l’amministratore delegato della Juventus, Beppe Marotta. La tesi di fondo della Bongiorno è stata chiara: “Carobbio ha tirato in ballo Conte per derubricare il suo reato in frode sportiva e salvarsi”, cioè per evitare “la possibilità di prendersi 13 anni di carcere” nel processo penale. E per il legale sono inconsistenti tutte le accuse relative ai due match: per quanto riguarda Novara-Siena, “Carobbio viene smentito seccamente da Gervasoni, secondo il quale la partita fu combinata dagli zingari e non ci furono accordi di spogliatoio”, mentre per Albinoleffe-Siena “la commissione disciplinare punisce Conte perchè il collaboratore Stellini sapeva e ha ammesso il proprio coinvolgimento, ma il principio ‘non poteva non sapere’ non è accettabile, come spiegato dalla stessa Cassazione”. Il procuratore federale, Stefano Palazzi, ha replicato: “La credibilità estrinseca di Carobbio è dimostrata dalle indagini della polizia giudiziaria e dai contatti telefonici tra gli esponenti del mondo delle scommesse e i calciatori, mentre la credibilità intrinseca del giocatore è invece provata dalla progressione del processo collaborativo, del tutto coerente e logica”.

Se ieri è stato il giorno di Conte, oggi è stato quello di altri due bianconeri: Leonardo Bonucci e Simone Pepe, tornati in giudizio dopo le impugnazioni contro le sentenze della Disciplinare, avanzate da Palazzi, in relazione alla presunta combine di Udinese-Bari del 9 maggio 2010, finita 3-3, quando Bonucci militava tra i biancorossi e Pepe nelle fila della squadra friulana. Il procuratore federale ha costruito la sua impugnazione sostenendo la validità delle accuse di Antonio Masiello che per Palazzi non ha agito contro Bonucci mosso dall’invidia, come sostiene il difensore juventino. La difesa ha replicato puntando sul fatto che Masiello “si contraddice e non dice la verità”. In riferimento alla partita in cui Bonucci sarebbe coinvolto – ha aggiunto l’avvocato Gian Carlo Bianchi – per Masiello questa partita inizialmente non esiste, ma più avanti chiede di essere ascoltato nuovamente dalla procura di Bari perchè ha una sola preoccupazione, cioè che a fronte di un illecito contestato non vuole rischiare il reato associativo”. E sul presunto colloquio tra Masiello e Bonucci, l’avvocato ha chiosato: “Masiello osserva che il colloquio era avvenuto prima della partenza di Bonucci per il ritiro della Nazionale. Soltanto dopo, nell’interrogatorio successivo, Masiello ricorda di avere parlato con Bonucci sul pullman, nel viaggio verso lo stadio di Udine. Come può la procura sostenere che Masiello specifica in modo coerente e non contradditorio il momento in cui parlò della presunta combine con Bonucci?”. Per quanto riguarda Pepe, Palazzi ha sostenuto che l’allora giocatore dell’Udinese capì la proposta illecita avanzata da Salvatore Masiello, nel corso di una telefonata, per combinare la partita. La difesa ha replicato con il fatto che non “non c’è neppure la prova” della presunta telefonata. Palazzi ha chiesto la squalifica di tre anni e sei mesi per Bonucci e di un anno per Pepe, con la possibilità per il difensore juventino di una pena ridotta (un anno) qualora la Corte ritenga il suo solo comportamento un’omessa denuncia e non un illecito sportivo.

E una telefonata è stato l’asso nella manica calato da Palazzi in relazione alla presunta combine in cui sarebbero coinvolti l’ex capitano del Bologna, Marco Di Vaio, e il suo compagno di squadra, Daniele Portanova, in riferimento al match Bologna-Bari del 22 maggio 2011. Secondo il procuratore federale, la durata del colloquio, circa 54 secondi, è “pienamente compatibile alla prospettazione” della combine da parte di Portanova al suo capitano. Portanova, secondo Palazzi, avrebbe chiamato Di Vaio per proporgli la combine proposta da Giovanni Carella e Fabio Giacobbe, ma il capitano avrebbe rifiutato. L’avvocato di Portanova, Gabriele Bordoni, ha fornito una ricostruzione diversa dei rapporti intercorsi tra il suo assistito, Di Vaio, Carella e Giacobbe. Bordoni ha citato un articolo pubblicato ieri da ‘Il Resto del Carlino’, che riporta l’esistenza di una telefonata che Portanova fece a Carella e Giacobbe alle 17.36, un’ora e mezza circa prima della chiamata a Di Vaio. Per l’avvocato, Portanova avrebbe chiamato i due, che aveva già incontrato, per chiedergli di rivedersi con l’obiettivo di ribadire il suo rifiuto alla proposta di combine e chiarire definitivamente la situazione. Palazzi ha riformulato le sue richieste, chiedendo lo stop di 3 anni per Portanova per illecito sportivo e la squalifica di un anno per Di Vaio per omessa denuncia. La due giorni al Foro italico ha visto poi i casi del Grosseto, escluso dalla serie B in primo grado, dello stesso Bologna (Palazzi ha chiesto 2 punti di penalizzazione e 50mila euro di ammenda per responsabilità oggettiva legata a Portanova e Di Vaio), e tra i tesserati ha destato attenzione il caso di Emanuele Pesoli, che si è incatenato per quattro giorni davanti alla sede della Figc, in via Po, per protestare contro la Disciplinare che gli ha inferto una squalifica di tre anni per la presunta combine di Siena-Varese del maggio 2011, quando il giocatore militava nelle file del club lombardo. Il processo sportivo d’appello ha coperto i filoni delle inchieste condotte dalle procure di Cremona e Bari, con 30 casi tra tesserati e club coinvolti. Domani il giorno della verità.

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