"Per fare 'Carabinieri' non bisognava saper recitare, bastava non essere dislessici", scherza lui, "ho capito di saper fare l'attore in 'Lezioni di cioccolato'"

Ironico, sicuro di sè, ma anche coi piedi per terra e realista. Luca Argentero si è raccontato alla direttrice di Ciak Piera Detassis, nell'ambito della manifestazione 'Panorama d'Italia' a Torino, in una sala gremita, inutile dirlo, soprattutto da un pubblico femminile. Un ritorno a casa per Argentero, che è in sala in questi giorni ne 'Il permesso – 48 ore fuori', di e con Claudio Amendola, nel quale ha un ruolo di duro che lotta per riscattare la sua donna. Un film per cui ha dovuto sottostare a settimane di dura preparazione atletica e dieta ferrea. "Non si può andare avanti a bresaola scondita, non è vita", scherza lui.

"Per me il set è scuola, non avendo un passato accademico", confida, "se sbagli qualche film rischi che per un po' non ti chiamino, ma io non sono fatto per stare a casa ad aspettare che qualcuno mi chiami. Ho tanti progetti, non uno ma più piani B. Ora sono all'H…". Argentero, che è stato lanciato dal Grande fratello, ha mosso i primi passi nella fiction: "Per fare 'Carabinieri' non bisognava saper recitare, bastava non essere dislessici", scherza lui, "ho capito di saper fare l'attore in 'Lezioni di cioccolato'".

Argentero, classe 1978, ha vissuto a Torino fino ai 26 anni, "poi mi sono trasferito a Roma. Ho vissuto una bellissima vita da studente qua, ho fatto 13 anni di scuola al San Giuseppe, dai frati, ed era tosta. Ho fatto un anno di Politecnico, dove mi hanno massacrato, sono scapato a gambe levate, poi ho fatto 5 anni di Economia, lavorando di notte. Torino mi ha insegnato il rispetto per il lavoro per gli altri. A Roma ti senti dire 'vediamoci alle 10-10.30', ma 10 o 10.30 fa una bella differenza. Il San Giuseppe mi ha insegnato la serietà, e così la mia famiglia, che è molto torinese: ama la precisione e il lavoro". Famiglia a cui Argentero è molto legato, in particolare alla nonna: "Mia nonna, Fernanda, è molto rock, è la mia critica più severa. Prima di fare qualcosa penso sempre a cosa ne penserebbe lei".

Sabauda è anche la sua riservatezza: "Il privato per avere valore deve rimanere privato; all'inizio, dieci anni fa, ne parlavo con normalità, ora mi dispiaccio se qualcosa che riguarda il mio privato viene riportato male". E non risparmia una stoccata, dopo la violenta lite con un paparazzo l'anno scorso: "Il mio rapporto si è proprio incrinato con la stampa rosa; nell'era dei social ci sono Facebook, Twitter e Instagram per sapere dove vado e cosa mi piace". Ma rifiuta l'etichetta di sex symbol che se la tira: "Mi impegno moltissimo con le persone, ma poi ho bisogno di staccare, sono umano. Non è rilassantissimo andare a mangiare al ristorante con qualcuno che ti guarda e ti fotografa…".
 

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