Venezia78, Sorrentino si racconta in ‘È stata la mano di Dio’

Il regista napoletano torna alla Mostra del Cinema a 20 anni dal suo debutto

Un ciclo che si chiude, o forse che si riapre. A vent’anni da ‘L’uomo in più’, il suo debutto alla regia, Paolo Sorrentino torna alla Mostra di Venezia con il suo film più personale e dai richiami dichiaratamente autobiografici. ‘È stata la mano di Dio’ racconta del 17enne Fabietto nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta, la cui vita di adolescente viene segnata da due forti eventi, la perdita improvvisa dei genitori e l’arrivo in città di una leggenda come Maradona. “C’è stata una grande parte d’amore nella mia vita da ragazzo, e anche tanto dolore, e ho pensato che potesse avere una forma cinematografica. Forse ho fatto un film così adesso perchè ho pensato di avere l’età giusta per farlo, ho compiuto 50 anni l’anno scorso e ho pensato di avere la maturità. Poi un collega mi ha detto che non faccio mai cose personali, l’ho presa come una provocazione”, racconta Sorrentino, “sono molto pauroso nella vita, ma nei film mi sembra di essere abbastanza coraggioso; il coraggio qui è stato più nello scrivere il film che nel farlo. È un film semplice, essenziale, dove si fa a meno di tutto per far parlare i sentimenti e le emozioni; le cose nel film a volte sono vere, a volte sono false, ciò che volevo fossero veri sono i sentimenti. Sono venuto a Venezia vent’anni fa, spero di avere un nuovo inizio con questo film”.

‘È stata la mano di Dio’ è una metafora emblematica, una frase significativa per chi ha fede. “Io personalmente credo nel potere semidivino di Maradona”, scherza Sorrentino, “il mio grande rammarico è che non posso fargli vedere il film, era il mio primo desiderio. Non sono riuscito a parlargli del progetto perchè non era un uomo facilmente accessibile”. Anche questa volta si conferma il sodalizio con Toni Servillo, che qui interpreta il padre di Fabietto. “Paolo mi aveva detto che prima o poi avrebbe trovato la distanza giusta per raccontare questo momento drammatico della sua vita”, racconta, “il film non lo ha cambiato, ho visto la solita determinazione, non si è fatto prendere da facili sentimentalismi. A volte c’è stata anche una esasperata ilarità, ci siamo molto divertiti, è stato un film di risate e pianto, come accade nella vita”.

Presentati, per la sezione in concorso, anche ‘The card counter’ di Paul Schrader, storia di un ex inquirente militare giocatore d’azzardo la cui vita viene travolta dall’incontro con un giovane intenzionato a vendicarsi di un comune nemico, e ‘The power of the dog’ di Jane Campion, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Savage. Il film western della regista premio Oscar per ‘Lezioni di piano’ vede Benedict Cumberbatch nei panni di un allevatore tormentato e che incute paura. “Il mio personaggio – rimarca – non è semplicemente il cattivo della storia. La sua tossicità è il risultato di come è stato cresciuto e la sua incapacità di redimersi fa parte della sua tragedia personale”.