Umberto Smaila è attento alle mode che attraversano i decenni, capace di coinvolgere e far divertire generazioni lontane tra di loro. Barbara Fabbroni l’ha intervistato.
Partiamo da Edoardo, il suo nipotino, figlio di Rudy e della moglie Paola. Come vive l’esperienza di essere nonno?
“È un’esperienza nuova. Il mio primo nipote, è arrivato in una età mia avanzata, 70 anni. Mi ha sorpreso molto lo stato di ansietà che mi ha procurato. Nemmeno per i miei figli ero così preoccupato di cosa gli potesse succedere: se andava tutto bene, se mangiavano, se bevevano, se avevano fatto i vaccini”.
Cosa ha scoperto grazie a questa esperienza?
“La figura del nonno è molto più apprensiva di quella del padre, anche per alcuni aspetti più attenta”.
Vede spesso Edoardo?
“Insomma. La pandemia ha reso tutto più difficile. Però mi tengono informato su tutto. Pochi minuti fa mi hanno mandato una foto con lui che mangia la sua prima pappa. Ha mangiato di gusto, è un po’ più paffutello. È un bambino molto simpatico e ci fa molto sorridere. In questo periodo c’era bisogno di una gioia così grande”.
È arrivato al momento giusto quindi?
“Sì. Anche per mio figlio. Rudy fa il mio stesso lavoro e come me è disoccupato nonostante con sua moglie abbia aperto un forno qui a Milano, dove almeno due volte a settimana lavora vendendo pane, focacce… Nonostante questo anche lui era un po’ spiazzato. L’arrivo di Edoardo gli ha riempito la vita”.
Avrà più tempo da dedicargli.
“Mio figlio trascorre molto tempo a casa, ha questa opportunità. Un piccolo vantaggio in questo momento così crudo”.
Lei si è vaccinato?
“Sì. AstraZeneca. Adesso però ci sono tutti questi enigmi, ognuno dice la sua, non si giunge a capo di nulla. Mi sono vaccinato, ma…”
Come ha vissuto l’attesa del vaccino?
“Con la giusta preoccupazione, perché se gli organi di stampa e le televisioni ne avessero parlato in termini diversi sarebbe stato meglio. Hanno fanno di tutto per spaventarci. Io mi rendo conto che devono fare ascolti, devono vendere, ma fare queste cose sulla pelle di noi italiani non è il massimo. Diciamo che sono stati bravi a creare disagio. Questo ha fatto sì che in molti si siano tirati indietro. Io la notte prima ho dormito male, ma poi una volta fatto non ci ho pensato più”.
Il problema è serio.
“Rendiamoci conto che ci sono persone che non vogliono vaccinarsi. Questa pandemia ha degli aspetti che richiedono a volte un po’ di fatalismo, sennò non si va avanti”.
E il lavoro? Il coprifuoco dalle 22, fino al 31 luglio, è un disastro per il suo settore.
“Ogni giorno, già da un anno, faccio un video per i miei follower sui social, con cui mantengo un costante contatto, offrendo la mia prospettiva. Di recente ne ho fatto uno particolarmente crudo e poco simpatico perché di solito cerco sempre di guarnirlo con delle notiziole carine o comunque con degli aspetti divertenti della mia personalità. Stavolta non ne avevo voglia”.
Cosa le ha fatto cambiare idea?
“L’idea del coprifuoco alle 22 mi ha messo di malumore. Queste misure impediscono a me e ai miei colleghi di andare in giro a cantare. Il lavoro dell’intrattenimento è stato raso al suolo”.
Cosa ne sarà del suo lavoro?
“Me lo chiedo costantemente. Avevo già definito una serata il 26 giugno allo Smaila’s di Tropea, ma adesso non so cosa accadrà”.
I progetti sono tutti congelati?
“Fa ridere perché si va verso il caldo e i progetti sono congelati! Io continuo a fare comunque il mio lavoro, scrivo canzoni e musica. Ho fatto le musiche per il film ‘Lockdown all’italiana’, adesso uscirà ‘Troppa famiglia’, con Ricky Memphis e Antonello Fassari per la regia di Pierluigi Di Lallo. Per il film ho scritto e cantato una canzone e mi si vedrà in un cameo. Soprattutto aspetto di mettere fuori il naso e fare il mio lavoro”.
In zona gialla cosa fa?
“Finalmente, dopo tanto tempo, posso andare da mia madre. Ha 95 anni, fortunatamente sta bene, è stata vaccinata. Come ho detto altre volte ho ancora i regali di Natale che dovevo portare dai miei suoceri a Bolzano, ma ancora non siamo potuti andare”.
Umberto Smaila, ci salutiamo con un po’ di leggerezza?
“Con una speranza di ottimismo che ci porti fuori da questo incubo”.