Una circolare vieta agli studenti di un liceo torinese di collegarsi alla DAD da "luoghi non consoni e inadeguati" - L'OPINIONE

 Ci ha pensato la solerzia di una Preside di Torino a convincere in modo definitivo chi nutriva dubbi sulla bontà, e persino sulla legittimità, della nascente e pacifica protesta studentesca contro la DAD. La scelta è di quelle che volenti o nolenti si è costretti a fare quando si viene messi con le spalle al muro.

 La dirigente scolastica ha emanato una circolare con cui vengono indicati agli allievi “i corretti comportamenti da adottare per la didattica a distanza”. Non di suggerimenti si tratta, ma di regole stringenti e di sanzioni per chi non le rispetta. Ora, disegnare una Disciplina coercitiva che arrivi a varcare le mura domestiche è pratica complessa, quando non sconveniente, sotto ogni prospettiva. Persino il Governo nell’amministrazione di una emergenza sanitaria senza precedenti, di fronte agli usci di casa si è tolto il cappello chiedendo permesso, dispensando qualche suggerimento e sempre al condizionale. Non ha usato questa accortezza a studenti e famiglie la Preside del Liceo Gioberti, che senza farsi lambire da dubbi di opportunità se non di competenza, ha fatto irruzione nelle alcove familiari, serrate dal covid. Le regole sul ‘tempo scolastico’, sancisce la circolare, anche a casa sono dettate dal Liceo Gioberti, ovvero da lei medesima a presidio. Le video lezioni – prescrive l’autorità – ‘devono essere seguite da un luogo consono, adeguato e silenzioso della propria abitazione’. Vanno bene il terrazzo o il giardino privato, viene specificato a beneficio dei ragazzi più fortunati, ma senza ulteriori concessioni: non è consentito il collegamento da luogo diverso da quelli descritti. Non è dato comprendere se tutte le caratteristiche siano inderogabili, e quindi – ad esempio – se l’angusto e inadeguato tinello possa prestarsi alla DAD, oppure se sia consona la cameretta condivisa con un indisciplinato fratellino. Siamo nel limbo dell’imponderabile.

 L’incedere perentorio dell’editto giobertino arriva al suo apice però laddove tocca il suo vero obiettivo: ‘non è consentito il collegamento da luoghi quali parchi, bar, luoghi di ritrovo o vie cittadine’. Pena la segnalazione di assenza sul registro scolastico. A qualsiasi occhio attento non sfugge come su bar e luoghi di ritrovo viga una normativa precisa e faticosamente declinata sul territorio nazionale da Decreti della Presidenza del Consiglio. Disciplina che investe pure la limitata circolazione per le strade, salvo ‘eccezioni per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute e per situazioni di necessità’. Mentre dunque Prefettura, Polizia Municipale e autorità cittadine si interrogavano su come rispondere alla protesta pacifica di dissenso degli studenti piazzati fuori dalle scuole per seguire la DAD, la Preside Sceriffo ha messo al bando ogni indugio e tentennamento interpretativo della norma: davanti al Gioberti ogni dissenso è bandito e represso. Il fondato sospetto infatti è che la strada a cui si riferisce la Preside abbia una precisa collocazione topomastica, a due passi dalla Mole Antonelliana e da quel Palazzo Nuovo torinese che tante proteste universitarie ha testimoniato: è via Sant’Ottavio, dove sorge il palazzo del Liceo Gioberti appunto e della Media Calvino, scuola da cui con la dodicenne Anita il movimento di protesta è partito.

 Di troppa solerzia tratta dunque forse questa vicenda, e non parliamo certo di quella di studenti che manifestano il proprio disagio profondo, umano e di apprendimento, trovando spiragli e varchi nelle maglie delle regole vigenti. Questa vicenda racconta di una scuola che rischia di mancare due volte alla propria missione, la prima per cause di forza maggiore privando gli studenti del proprio luogo di apprendimento, studio e aggregazione, la seconda facendo mancare alle nuove generazioni, ai nostri figli, la lezione più importante per la loro crescita civica: l’insegnamento al confronto, al dialogo, al rispetto, al rifiuto di ogni abuso. Chi presiede all’Istituzione scolastica ha la responsabilità di custodire il destino delle nuove generazioni e l’obbligo di tenere a mente le parole di Calamandrei: trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere.

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