Per le agenzie d'intelligence statunitensi Pechino mente: sottostimerebbe deliberatamente i dati

 "Saranno due settimane molto, molto dolorose", in cui "tutti i cittadini sono chiamati a fare sacrifici". Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dopo aver sminuito per settimane il nuovo coronavirus, avverte i suoi concittadini sullo scenario che li aspetta. Mentre i contagi confermati nel mondo sono quasi 900mila, quelli negli Usa sono vicini a 200mila, con oltre 4.300 morti di cui un quarto a New York City. Le proiezioni della Casa Bianca prevedono tra 100mila e 240mila morti per Covid-19 nel Paese, sottolineando che il numero potrebbe ridursi se tutti rispettassero le misure di distanziamento sociale. "Crediamo davvero di poter fare molto meglio di così", ha affermato Deborah Birx, coordinatrice della task force sul coronavirus. In ogni caso, nello scenario migliore il numero sarebbe maggiore delle oltre 53mila vite perse nella Prima guerra mondiale, in quello peggiore ci si avvicinerebbe alle 291mila della Seconda guerra mondiale.

Nel frattempo nello Stato di New York il numero dei morti è raddoppiati in tre giorni, arrivando a 1.900. La 'Grande mela', ibernata dal lockdown, è il luogo dove il Covid-19 ha colpito più duramente, con reparti di terapia intensivi saturi, centri congressi trasformati in ospedali, bare stipate nei furgoni frigo e il sistema di risposta d'emergenza in ginocchio. Un quarto degli operatori medici è in malattia, secondo il dipartimento dei vigili del fuoco: 2.800 membri del dipartimento non stanno lavorando, tra cui 950 medici d'emergenza, e il 16% delle forze in uniforme del New York Police Department è in malattia con oltre mille positivi al virus. Il vice presidente Mike Pence ha detto a Cnn che "quella dell'Italia è la situazione più paragonabile agli Stati Uniti", aggiungendo: "Il futuro è nelle nostre mani".

Mentre la Cina, dove l'epidemia è iniziata alla fine del 2019, si è fermata a 82mila contagi confermati e 3.300 morti, Bloomberg ha dato notizia che Sia all'interno, sia all'esterno della Cina, c'è scetticismo sui dati ufficiali forniti dal governo. Ma non è l'unico caso del genere: gli stessi sospetti ci sono su altre nazioni, tra cui Iran, Russia, Corea del Nord, Arabia Saudita, India. Quest'ultima sostiene anche di non avere trasmissioni a livello locale, ma solo importate, parlando di 1.637 infezioni e 38 decessi. In Sudamerica, invece, ha cambiato linea d'improvviso il presidente brasiliano Jair Bolsonaro: non ha più definito il Covid-19 una "influenzina", ma "la più grande sfida della nostra generazione". Il suo discorso è stato accolto, per la 15esima notte di fila, dalle proteste di un nuovo 'cacerolazo', dopo che (come Twitter) anche Facebook e Instagram hanno rimosso suoi post in cui lo vedeva con gruppi di persone, contro le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). I casi di contagio confermati in Brasile sono quasi 6mila, 206 i morti, il dato più alto dell'America Latina.

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