Il tema previdenziale torna sul tavolo sul governo in vista della finanziaria, che si prevede da 23-25 miliardi
Capitolo caldo della prossima manovra (e anche della scorsa), il dossier pensioni è tornato, come ad ogni fine estate, sulla scrivania del governo. Secondo alcune indiscrezioni, i tecnici starebbero valutando una serie di misure, in vista anche della riunione di governo del prossimo 30 agosto, tra cui si vociferava anche di un allungamento, per chi sceglie la pensione anticipata (con 42 anni e 10 mesi di contributi, 41 per le donne), dagli attuali 3 mesi fino a 6-7 mesi, delle cosiddette ‘finestre di uscita’: vale a dire il periodo che intercorre tra la maturazione del diritto alla pensione e la data effettiva in cui la pensione stessa viene erogata. Ma per il sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon, non se ne parla: “Io non so se c’è qualcuno nella Ragioneria che cerca di trovare i numeretti e quindi innalzare questa soglia, ma io credo che oggettivamente non è tempo di poterla aumentare questa soglia e questi limiti di fuoriuscita della legge Fornero, quello è e quello deve in qualche modo rimanere“. Il sottosegretario ha ribadito poi la possibilità di varare Quota 41 (il pensionamento dopo 41 anni di contribuzione, indipendentemente dall’età anagrafica, ndr), tra i cavalli di battaglia della Lega, ma con un ricalcolo contributivo. “È un tema plausibile ma ogni tipologia di flessibilità per essere sostenibile – ha spiegato – deve purtroppo interagire con il sistema contributivo“.
I sindacati incalzano Palazzo Chigi
Un intervento che però sembra non aver rincuorato i sindacati, che anzi tornano a incalzare Palazzo Chigi. Tutte le ipotesi sul tavolo – appunto il prolungamento delle finestre di uscita, insieme ad un possibile stop di Ape sociale e Opzione donna e una stretta sulle rivalutazioni – rappresentano “un attacco diretto ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici”, ha dichiarato senza mezzi termini la segretaria confederale della Uil, Vera Buonomo, sottolineando che è “inaccettabile” l’assenza di “un adeguato confronto con i sindacati, nonostante le ripetute richieste”.
Il nodo delle risorse e la manovra
Il nodo, in ogni caso, resta quello delle risorse. L’esecutivo Meloni punta a proporre una finanziaria da 23-25 miliardi circa e dovrà decidere la sorte di alcune delle misure chiave dell’ultima Legge di Bilancio: dal taglio del cuneo fiscale all’accorpamento delle aliquote Irpef fino al bonus alle mamme lavoratrici. Tutti temi cari ai partiti di maggioranza: per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (Lega) il taglio del cuneo è una priorità, così come la ministra del Lavoro Marina Calderone (FdI) è decisa a voler prorogare l’aiuto alle madri lavoratrici, mentre Forza Italia vuole spazio per un nuovo aumento delle pensioni minime. Una serie di provvedimenti costosi (17 miliardi solo per cuneo, aliquote Irpef, taglio Ires ed estensione della flat tax) che rischiano di rendere la ‘coperta’ sempre più corta.
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