La presidente ha parlato in audizione in commissione di Vigilanza. L'Ad Sergio: "Parità di genere tema sensibile anche per me"

Schiaffo della presidente della Rai, Marinella Soldi, ai nuovi vertici dell’azienda per via delle nomine tutte al maschile. “Per quanto riguarda l’interno azienda, abbiamo ottenuto una significativa riduzione del gender gap, sia in termini di carriere sia di retribuzioni tra il 2021 e il 2022. Uno sforzo che purtroppo non è stato fatto nell’occasione delle ultime nomine, in particolare per le direzioni delle testate giornalistiche, tutte al maschile: uno strappo grave alle policy di genere aziendali, ratificate proprio dal CdA un anno fa”, ha detto la presidente nel corso della sua audizione davanti alla Commissione di Vigilanza.

“Per quanto riguarda il prodotto, per incrementare la presenza qualificata delle donne nelle trasmissioni, la Rai aderisce al progetto 50:50, nato nel 2017 alla BBC -ha evidenziato Soldi-. Un automonitoraggio delle presenze femminili esperte nei programmi, che ho chiesto espressamente all’amministratore delegato di far adottare sistematicamente al 50% delle nostre trasmissioni di informazione”.

Serve rinnovata attenzione a qualità informazione

“La qualità dell’informazione è il tema prioritario di sostenibilità secondo i nostri stakeholder. Ritengo che proprio in risposta a questa chiara indicazione, ma anche in considerazione del dettato della Convenzione in vigore e delle Linee guida del prossimo Contratto di Servizio, sia necessaria per Rai una rinnovata attenzione alla qualità dei propri prodotti informativi, in un’ottica di trasparenza e responsabilità, in linea con i servizi pubblici europei, e tenendo conto del mutamento di abitudini e bisogni informativi degli utenti, del dilagare di disinformazione e fake news, e delle potenziali evoluzioni normative dello European Media Freedom Act“, ha aggiunto Soldi che ha poi concluso: “Il tema della qualità dell’informazione deve responsabilmente essere preso in carico a tutti i livelli aziendali, a partire dallo stesso CdA, con il supporto anche degli strumenti di monitoraggio già previsti, dal Qualitel ai report dell’Osservatorio di Pavia”, ha aggiunto Soldi.

Sergio: “Parità di genere tema sensibile anche per me”

L’ad Roberto Sergio ha prontamente risposto alle accuse di Soldi sottolineando che quello della parità di genere “è un tema particolarmente sensibile per la Rai, come azienda ma ancor più come servizio pubblico di interesse generale; lo è per la Presidente Soldi e lo è per me”.

L’amministratore delegato della Rai nel corso della sua audizione davanti alla Commissione di Vigilanza ha spiegato che “delle attività portate avanti in questa direzione, innanzitutto le policy on e off screen approvate per la prima volta da questo Consiglio di Amministrazione, è stata data ampia eco, da ultimo nel Bilancio di sostenibilità 2022. Chiaramente, ciò che conta è la tendenza e il passo per ridurre il gap; su entrambi i fronti sono stati fatti significativi progressi e posso già dare rassicurazione che ulteriori avanzamenti verranno operati nelle nomine che a breve completeranno la squadra di vertice, sia nelle direzioni editoriali che in quelle di staff”, ha sottolineato Sergio.

“Personalmente, a conferma di quanto sopra, condivido con voi che la Direzione Staff dell’Amministratore Delegato è femminile sia nel ruolo di Direttrice che Vicedirettrice. Mi auguro, ma in realtà ne sono certo, che prima possibile si debba entrare nel merito dei contenuti del Contratto di servizio, sul quale siete chiamati a esprimere il vostro parere consultivo”, ha evidenziato rivolgendosi ai membri della Vigilanza.

La Rai deve dare voce a tutti e non può escludere nessuno

“Rai si muove in coerenza con la Costituzione solo se il servizio pubblico che svolge risulta orientato verso due fondamentali obbiettivi: da un lato, realizzare trasmissioni che rispondano all’esigenza di offrire al pubblico una gamma di servizi caratterizzata da obiettività e completezza di informazione, da ampia apertura a tutte le correnti culturali, da imparziale rappresentazione delle idee che si esprimono nella società e, dall’altro, garantire il diritto di accesso nella misura massima consentita dai mezzi tecnici. Più in particolare, i programmi culturali, nel rispetto dei valori fondamentali della Costituzione, debbono rispecchiare la ricchezza e la molteplicità delle correnti di pensiero”, ha detto Sergio. 

“Non sono parole mie -ha precisato Sergio-. Le ho mutuate dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 225/74, datata, ma che rimane una delle più rilevanti in materia di pluralismo interno, il principio che si può declinare appunto come l’obbligo di dar voce a tutte o al maggior numero possibile di opinioni, tendenze, correnti di pensiero politiche, sociali e culturali presenti nella società. La Rai, quindi, deve essere di tutti, non può fare a meno di essere di tutti, pena l’incompatibilità con i dettami costituzionali e il venir meno della sua universalità. Ne consegue che, per un verso, non può escludere alcuno e, per altro verso, non può essere appannaggio solo di alcuni”.

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