L'intesa raggiunta tra maggioranza e opposizione per l'elezione dei dieci rappresentanti non regge fino in fondo e porta alla designazione di soli nove componenti

La ‘fumata bianca’ alla fine arriva, ma solo in parte. L’intesa raggiunta tra maggioranza e opposizione per l’elezione dei dieci membri laici del Consiglio superiore della magistratura non regge fino in fondo e porta alla designazione di soli nove componenti. Dopo una lunga riunione del Parlamento in seduta comune, a Montecitorio, lo spoglio delle schede vanifica quindi l’en-plein. Colpa del cambio in corsa di uno dei candidati indicati da Fdi, Giuseppe Valentino: un nome su cui si mettono di traverso prima il M5S e poi il Pd, e che viene infine rimpiazzato dall’avvocato Felice Giuffrè, che però non raggiunge il quorum necessario di 364 voti.

Tutto parte dall’accordo tra i partiti perfezionato in mattinata: lo schema prevede sette componenti indicati dalla maggioranza e tre dalle opposizioni; quattro vanno a FdI, due alla Lega, uno a Fi e uno a testa a Pd, M5S e terzo polo. Fdi sceglie tre donne su quattro: Isabella Bertolini, avvocato penalista ed ex deputata prima di FI e poi della Lega; Daniela Bianchini, avvocato specializzato in diritto di famiglia e docente alla Lumsa; Rosanna Natoli, avvocato ed ex candidata alle Politiche, e Giuseppe Valentino, ex deputato e avvocato penalista patrocinante in Cassazione. La quarta donna viene indicata dalla Lega, che punta sugli avvocati Claudia Eccher e Fabio Pinelli, mentre FI indica l’ex senatore Enrico Aimi. Solo candidature maschili per le opposizioni: il Pd sceglie Roberto Romboli, ex professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Pisa che si era espresso contro la riforma costituzionale di Matteo Renzi, il M5S indica Michele Papa, ordinario di diritto penale nell’Università di Firenze, mentre l’ex deputato e avvocato Ernesto Carbone è il candidato di Azione-Iv.

Verranno tutti eletti, tranne uno. Alle 16 si comincia infatti a votare e rischia di saltare tutto. I senatori di FdI non rispondono alla prima chiama dell’appello nominale: non ci sarebbe più l’intesa su uno dei nomi che rientrano nell’accordo, ovvero quello di Valentino, per le perplessità espresse del Movimento 5 Stelle. In transatlantico si susseguono i conciliaboli tra i parlamentari delegati a trattare per i vari partiti, seguiti da summit tra i vertici del partito di Giorgia Meloni e tra le forze di maggioranza. Notizie di stampa riportano che Valentino sarebbe indagato nell’ambito un procedimento della dda di Reggio Calabria connesso al maxiprocesso Gotha. Anche il Pd esprime dubbi sul sul suo nome. La candidatura salta e viene rimpiazzata da quella dell’avvocato Felice Giuffrè. È lo stesso Valentino infine a fare un passo, che “dimostra la sua onestà e soprattutto l’alto senso di responsabilità nei confronti del ruolo di giudice del Csm che gli era stato proposto. La sua nota onorabilità non può essere intaccata da una macchina del fango a orologeria che solo un finto fronte ‘progressista’ può attuare. Vergognoso il fango che gli è stato gettato addosso, nessuno osi mettere in discussione la sua professionalità. Riprovevole la notizia priva di reale sostanza uscita, non a caso, solo a votazione iniziata”, attacca il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti.

Ma il cambio in corsa non basta. I deputati di Pd, M5S e terzo polo convergono sul nome di Giuffrè, che però si ferma 295 voti. Molti dei senatori – che hanno votato per primi – avevano infatti già scritto il nome di Valentino (che non a caso ottiene 194 preferenze), quando la scelta è virata sul nuovo candidato all’inizio della chiama dei deputati. Nella maggioranza comunque minimizzano: eleggere nove membri su dieci del Csm “è comunque la dimostrazione che si vuole andare veloci, senza perdere tempo”, ragione alcune fonti, “anche eleggerne nove al primo colpo crea soddisfazione e comunque si sono gettate importanti basi di dialogo con l’opposizione”. 

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