Riparte il dialogo tra Partito democratico e Azione. L'ex ministro vede anche Matteo Renzi. Per il segretario dem la linea è tracciata: "Sarà una sfida tra noi e la Meloni"

Non è ancora il tempo dei nomi. Vale per liste e collegi e, a maggior ragione, per palazzo Chigi. Enrico Letta riunirà domani mattina la direzione nazionale dem, allargata ai gruppi parlamentari, per tracciare innanzitutto il perimetro della lista aperta ‘democratica e progressista’ che ha in mente. I criteri del segretario restano tre: porte aperte a “chi porta un valore aggiunto, chi si approccia con spirito costruttivo e chi non arriva con veti”. “Bene, benissimo”, quindi, l’apertura arrivata da Carlo Calenda, anche se al Nazareno stoppano subito la questione premiership. Per il leader di Azione il nome da indicare per la guida del Governo è sin da subito quello di Mario Draghi, non la pensano così i dem: “Noi non siamo la destra che litiga su Palazzo Chigi e sugli incarichi prima ancora di fare le liste”, tagliano corto ai piani alti della sede Pd. Poi, in merito al giudizio sul presidente del Consiglio, è la linea, “nessuno certo può avere dubbi su ciò che pensano Letta e il Pd sul suo profilo e la sua caratura. Ma non è un tema in agenda ora”.

Per il resto al Nazareno plaudono alla ripresa del dialogo tra i due leader: “Ci sono numerosi elementi di continuità, dall’europeismo alla posizione chiara sulla guerra in Ucraina, passando per le critiche al blairismo (“ho ripetuto per 30 anni le cazzate del liberismo”, era stato il mea culpa di Calenda, e anche Letta condivide il fallimento del Blairismo anni ’90). Anche sul reddito di cittadinanza le posizioni non sono inconciliabili, viene fatto notare dai dem. “Calenda non ha mai proposto una raccolta firme per abolirlo”. Il riferimento è a Matteo Renzi. Nei confronti dell’ex segretario restano infatti “grandi perplessità”.

Milano, Calenda abbraccia Renzi

Ai piani alti del Pd si ragiona sul rapporto costi/benefici, sia in termini di voti, che di posti: “Porterebbe con sé Boschi, Bonifazi, Rosato, Bellanova… l’unica possibilità che ha di rientrare – azzarda un parlamentare dem – è se lo ‘salva’ Calenda nelle sue liste. Per noi non è ricevibile, sia per la spaccatura sentimentale che c’è con il nostro popolo dopo il livore e i troppi lanciafiamme del passato, sia perché darebbe un argomento a chi ancora non ha del tutto digerito l’irreversibilità del no a Giuseppe Conte. Direbbero perché Renzi sì e il leader M5S no?”. Intanto i contatti tra il leader di Iv e Calenda sono in corso. In un incontro a Roma tra i due l’ex premier avrebbe sondato il terreno e poi si sarebbe detto pronto “a correre da solo”. Domani ci sarà la riunione dei gruppi di Iv e si inizieranno a delineare le liste.

Azione a parte, a due mesi esatti dal voto per le Politiche, del listone Pd dovrebbero far parte Art.1 (“il nostro nome in origine era Mdp, movimento democratico e progressista”, ricordano), il Psi di Enzo Maraio (“La linea indicata da Letta è quella giusta”, assicurano i socialisti), Demos (“il nostro rapporto va avanti da tempo, abbiamo partecipato a tutto il percorso delle Agorà”) e il movimento green guidato da Elly Schlein. I contatti sono frenetici.

Il segretario in giornata sente anche Luigi Di Maio, da tempo impegnato nel portare avanti le battaglie sociali del Governo Draghi. Letta, poi, intende dare grande centralità, dopo due elezioni amministrative vincenti, ai sindaci. Nessun sindaco in carica di capoluoghi di provincia, però, verrà candidato perché questo farebbe cadere le giunte con un conseguente Sigle a parte, però, Letta ha in mente di mobilitare sui territori 100 mila volontari a partire. Dai circoli e dalle feste i militanti avranno il compito di raggiungere le persone in vacanza ma “anche e soprattutto nei luoghi del disagio e delle solitudini. Nelle grandi aree metropolitane come nei piccoli centri”.

Avanti “casa per casa, con umiltà”, dice Letta, che domani in direzione chiederà allo stato maggiore dem di supportare il suo piano per contendere alla “peggiore destra di sempre” la guida del Paese per i prossimi 5 anni. Per il segretario dem la linea è tracciata: “Sarà una sfida tra noi e la Meloni”, ripete, intendendo muoversi sì nel solco “della serietà e del patriottismo di Draghi”, senza dimenticare però “una agenda democratica e progressista”. Il confronto sarà innanzitutto sulle idee, insistono al Nazareno: sostenibilità ambientale, lavoro, giustizia sociale, diritti. “Sono i pilastri del centrosinistra e la bussola del Pd ormai da anni”. Su questo, assicurano al Nazareno, nessuna competizione a sinistra. “La gara a chi è più progressista non ci interessa. Il Pd non si iscrive al concorso per il Mélenchon italiano – è la linea – Contano le storie personali, la cultura politica e anche le scelte recenti”.

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