Crisi governo, Conte evoca appoggio esterno e sfida Draghi: “Agenda con nostri punti o M5S fuori”

Crisi governo, Conte evoca appoggio esterno e sfida Draghi: “Agenda con nostri punti o M5S fuori”
Giuseppe Conte non si sbottona sulla linea che terranno i grillini al Senato, dove martedì approda il provvedimento

Il presidente grillino illustra la linea del Movimento in una comunicazione video su Facebook: “Senza risposta chiare non condivideremo una responsabilità di governo”

Dopo due giorni di ‘consiglio di guerra’ permanente, il presidente del M5S Giuseppe Conte illustra la linea: se il premier Mario Draghi non presenterà alle camere “un’agenda” che comprenda i punti già consegnati a palazzo Chigi, il Movimento uscirà dal governo. O meglio, aggiunge evocando l’appoggio esterno, si sentirà “libero di votare le misure che servono al Paese”. In una comunicazione video su Facebook – che ricorda molto le solenni dirette di quando era presidente del Consiglio – di fatto Conte sembra sancire la fine dell’esecutivo Draghi, a meno di colpi di scena dell’ultimo minuto.

“Senza risposte chiare”, scandisce, “è evidente che il M5S non potrà condividere una responsabilità diretta di governo”, se “non ci sarà chiarezza sui punti da noi sottolineati nel documento politico consegnato e se non ci sarà indicazione concreta sulla prospettiva di risoluzione di quelle questioni. Non è più tempo di dichiarazioni di intenti, è tempo di definire un’agenda di governo chiara e puntuale rispetto a queste priorità, e un cronoprogramma ben specifico”, è la sfida che lancia a Draghi, probabilmente già sapendo che non la raccoglierà. Seguita da un’apertura all’appoggio esterno: “Ci sentiremo liberi e sereni e ancora più responsabili di votare, nella prospettiva che ci sia una prossima azione di governo, quel che serve al Paese, di volta in volta, portando avanti costruttivamente la nostra azione politica”.

Nell’idea dell’avvocato del popolo il pallino ce l’ha in mano il premier: “Spetterà al presidente Draghi valutare anche se ricorrano o meno le condizioni per garantire al M5S di poter svolgere la sua azione politica in un perimetro di maggioranza che si sta rivelando davvero poco coeso”, continua, rivendicando che “noi siamo scomodi, lo sappiamo e lo abbiamo sempre saputo. Con spirito costruttivo abbiamo invitato il presidente Draghi a confrontarsi sulle nostre priorità e su quelle urgenze da noi indicate che esprimono le ragioni del nostro disagio politico in questo perimetro di maggioranza. La risposta non è ancora pervenuta”. Ed è sempre Draghi ad aver interpretato “quella nostra mancata partecipazione” al voto in Senato sul dl Aiuti “come venir meno del patto di fiducia posto a fondamento di questo esecutivo. Ne prendiamo atto. Come noi ci assumiamo la responsabilità dei nostri comportamenti, anche il presidente Draghi si assume la responsabilità della sua decisione”.

“Qualcuno ha parlato di ricatto” da parte del Movimento 5 Stelle, ma”il ricatto l’abbiamo subito noi”, insiste Conte, ripercorrendo le fasi che hanno portato alla crisi di governo, innescata dalla seduta al Senato sul dl Aiuti: “La nostra posizione è stata chiara. Io stesso l’ho anticipata al premier Draghi, spiegando che la nostra non era una contrarietà alla fiducia ma linearità e coerenza rispetto a un atteggiamento incomprensibile di totale chiusura, che ha rasentato l’umiliazione politica”. Poi, “il presidente Draghi ne ha tratto le conseguenze che ha ritenuto. Confidavamo che potesse optare per un percorso diverso” e “speravamo che non fosse attribuita a questa nostra non partecipazione al voto il significato di un voto contrario alla fiducia”, chiosa il leader pentastellato.

Invece è andata diversamente, e le parole di Conte non sembrano poter ricomporre la frattura. Alla quale potrebbe seguire un’altra frattura, all’interno dello stesso Movimento. La tensione tra l’ala favorevole a staccare la spina all’esecutivo e quella governista, orientata a votare la fiducia, si rinnova anche oggi nella lunga giornata di riunioni. Prima un Consiglio nazionale durato oltre cinque ore. Poi il dossier diramato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà – in prima linea per restare nel governo – che elenca tutti i provvedimenti che non potranno concludere il loro iter a causa della crisi, nonché i rischi per l’attuazione del Pnrr. Infine salta l’assemblea dei deputati prevista nel primo pomeriggio, dalla quale poteva emergere una linea maggioritaria contraria all’uscita dal governo. Tutto annullato e rimandato al redde rationem di una nuova assemblea congiunta di tutti i parlamentari, deputati e senatori (che invece sarebbero prevalentemente per la linea dura nei confronti dell’esecutivo), da tenersi in serata dopo il discorso di Conte. Qui si cercherà di trovare una sintesi, ma nessuno può escludere il rischio di nuove scissioni.

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